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"Rischiamo un altro morto"A Pescara è caccia al rom

L'uccisione dell'ultrà ha fatto scattare il rancore che i cittadini covavano da anni
di Nicoletta Orlandi Posti sabato 12 maggio 2012

3' di lettura

  «Qui ci scappa il morto». Marco Forconi, leader del movimento Forza Nuova in Abruzzo, sintetizza così la tensione che sta vivendo in questi giorni Pescara. Dopo l’omicidio di Domenico Rigante, il capo ultrà di 24 anni ucciso il primo maggio a colpi di pistola dal rom 29enne Massimo Ciarelli, in città si respira una brutta aria. Aria di vendetta.  Lo dimostra l’irruzione degli ultras nella notte tra domenica e lunedì in una sala bingo di Montesilvano frequentata dai rom. «Immaginando ritorsioni hanno pensato bene di non farsi vedere in giro. Anzi, molti in queste ore sono scappati via. È stata la loro salvezza perché, se li avessero trovati non so cosa sarebbe potuto accadere».  Che la situazione sia preoccupante lo conferma anche il sindaco di Pescara, Luigi Albore Mascia (Pdl), che tiene a sottolineare l’anomalia dell’omicidio in una città ritenuta tranquilla.  «Non si tratta di una guerra tra rom e ultras» spiega, «l’omicidio sembra sia nato a seguito di scaramucce tra il killer e il fratello gemello della vittima».  Secondo gli investigatori, infatti, Ciarelli ha probabilmente confuso l’obiettivo, colpendo per errore il Rigante sbagliato. «Se avesse preso l’altro sarebbe stata comunque una tragedia», aggiunge il primo cittadino, «ma il fatto che a morire sia stato il rappresentante di una curva come quella del Pescara, ha suscitato una grossa sollevazione popolare». La condizione dei rom a Pescara è molto diversa da quella delle altre città italiane. Mentre a Roma, Napoli o Milano, vivono in comunità ai margini, spesso in baraccopoli fatiscenti, qui sono parte integrante del tessuto sociale, con una storia alle spalle anche di 30-40 anni. Centinaia di famiglie, di cui molte con cognomi italiani, la maggior parte delle quali stipate in case abusive nei quartieri popolari.  «Ma l’integrazione è solo apparente», fa notare il sindaco, che racconta di rom scoperti con un cavallo sul balcone. Sì, avete capito bene: un cavallo.  «È capitato che qualcuno abbia deciso di portare su l’animale invece di tenerlo in qualche stalla di fortuna nei pressi della propria abitazione (molto spesso abusiva). Il problema sono state le politiche delle giunte del passato che non hanno lavorato su una reale integrazione con i cittadini di Pescara».  Questo ha portato a un’insofferenza che lentamente ha sedimentato fino all’esplosione dell’altro giorno.  «Non mi aspettavo una reazione d’orgoglio della cittadinanza», commenta Forconi. «Sono anni che i cittadini subiscono in silenzio le vessazioni dei tanti delinquenti rom, quindi non avrei condannato atti contro di loro. Rendiamoci conto che qui c’è gente che è fallita per colpa del racket dell’usura. Si aspettava un episodio per scatenare tutto il rancore della popolazione». L’aria si è fatta pesante dal 2009, da quando Emanuele Fadani, commerciante di videogiochi di 37 anni, padre di una bambina, fu ucciso ad Alba Adriatica a mani nude da tre rom completamente ubriachi. Da quel momento si è rotto qualcosa. C’è stata un’escalation di violenza culminata infine nell’omicidio del primo maggio.  A sorpresa, in questo caso Forza Nuova preferisce restare defilata. «Non abbiamo organizzato manifestazioni e forse non faremo nulla. Siamo dalla parte degli ultras, ovviamente, ma entrambi teniamo a non mischiare politica con altro. Una cosa è certa, noi non getteremo benzina sul fuoco. Sono convinto che questa cosa non si concluderà nel giro di qualche giorno», conclude Forconi, «forse durerà mesi o anche anni. Gli ultras hanno la memoria lunga. Ci tengono molto alla città, ed è meglio non metterseli contro. Come dire, “meglio averli amici che nemici”». di Salvatore Garzillo  

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