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Immigrazione, l'italiana chiede all'africano di mettere la mascherina e lui le spacca la faccia: orrore al patronato della Cgil a Foggia

Giovanni Terzi
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Stefania Buonpensiero martedì mattina, 8 settembre, alle ore 10,30 si era recata al patronato della Cgil per sistemare una serie di pendenze personali. Vede un uomo di colore che non porta la mascherina e lo ammonisce. Lui, trentasei anni originario del Mali, si lancia contro di lei picchiandola a sangue. Dapprima sferrando un pugno violentissimo sul viso che le spacca il setto nasale; nella sala d'attesa del palazzo dei contadini di via della Repubblica, dove ha sede la Cgil foggiana, rimangono tutti senza parole. Ma la violenza non ha fine; la donna cade per terra priva di sensi e lui si lancia colpendola in continuazione.
 

 

 

«Sono caduta per terra stordita da quel pugno e non ho capito più nulla», mi racconta la signora Stefania, «so soltanto che questa persona non ha smesso un attimo di pestarmi a sangue colpendo più volte il volto ed altre parti del corpo. Mi creda, io ho pensato di morire, ero in totale balia della violenza e dei pugni che a raffica mi dava».
Dove l'ha colpita?
«Soprattutto al volto, come se volesse sfregiarmi e uccidere il mio essere donna. Dapprima si era avvicinato e sembrava che volesse sputarmi addosso e poi mi ha colpito».
In che senso voleva sputare addosso signora Stefania?
«Quasi tutti gli extracomunitari qui nel Foggiano sono asintomatici e positivi al Covid, e così usano lo strumento dello sputo per spaventare».
In realtà lei è stata picchiata...
«Sì e mi creda che io non so se siano passati 30 secondi o 3 minuti. Non esistevo più e sono certa che se avesse avuto in mano un coltello mi avrebbe sfregiata; non ho mai visto tanta violenza immotivata».
E cosa è successo dopo?
«Per fortuna i presenti sono intervenuti per liberarmi dalla sua morsa. Nella sala, proprio per il tema Covid, c'è sempre una guardia giurata che sovraintende e controlla».
L'aggressore era solo?
«No. Era in compagnia di altri uomini extracomunitari che però sono scappati».
Ed invece chi le ha fatto violenza?
«Lui è stato fermato da un'altro extracomunitario e portato direttamente in carcere. Io ho avuto trenta giorni di prognosi con trauma cranico, naso rotto ed altre ecchimosi».
Adesso è in carcere?
«Sì, verrà processato per direttissima e io voglio una pena esemplare».
 

 

 

Su questa vicenda il sindaco di Foggia ha lasciato una testimonianza su Facebook. «Il rispetto non ha colore politico o di razza, è un presupposto universale per poter appartenere ad una comunità. Foggia, come insegna la storia dei suoi Santi Patroni Guglielmo e Pellegrino, è città dell'accoglienza e dell'inclusione, ma a nessuno è consentito usare offese, soprattutto usare qualsiasi forma di violenza. L'aggressione fisica da parte di un cittadino extracomunitario nei confronti di una donna che lo richiamava all'uso della mascherina, nella sala di attesa del Patronato della Cgil di Foggia, è da condannare fermamente. Alla nostra concittadina colpita al volto tutto il mio affetto, la mia gratitudine ai lavoratori degli uffici sindacali di assistenza sociale che quotidianamente svolgono un servizio prezioso per la nostra comunità».

 

 

 

Mi piace chiudere questa pagina triste di cronaca, una delle tante, con una frase di Filippo Turati: «La violenza è un metodo di lotta inferiore, brutale, illusorio, soprattutto figlio di debolezza, fonte di debolezza, malgrado, anzi in ragione, dei suoi effimeri trionfi». Finché tratteremo la violenza solo come un episodio razzista, fascista o di genere, non riusciremo mai a debellare questo fenomeno che prima di tutto è culturale.

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