Cassa continua

Autovelox, ipocrisia a tutto gas: altro che salvare vite, servono a salvare i bilanci

Gianluigi Paragone

A rilevare la velocità sappiamo che sono impeccabili, a rilevare l’ipocrisia di chi veste di educazione stradale un mezzo per fare cassa no. Ma non importa perché l’ipocrisia in questione si vede a occhio nudo. Sindaci e soloni vari - ne ho beccati tanti nei giorni in cui sembrava che Fleximan fosse il problema numero uno dell’Italia e della sua... inciviltà - sostengono che misure come gli autovelox siano fondamentali per educare gli automobilisti indisciplinati e per evitare incidenti per colpa dell’alta velocità. Se così fosse, però, non dovrebbero mettere nei bilanci previsionali la stima di quel che potrebbero incassare perché è una scommessa che puzza di trucco contabile per far quadrare i conti e soprattutto indica un obiettivo di cassa da centrare.

I dati del Sole24Ore sono una radiografia perfetta di come vanno le cose in Italia, ci torneremo. Prima però voglio dedicare ancora qualche riga alle nobili giustificazioni di chi appunto ci racconta che la “dura legge dell’autovelox” serve per prevenire gli incidenti, cioè mettere paura all’automobilista affinché capisca le conseguenze di una guida non rispettosa dei limiti.

 

 

 

PARADOSSI

Intanto va detto che di educativo non c’è nulla quando ti piazzano l’autovelox a pochi passi da un cartello che commuta un limite di velocità portandolo - esempio - da 70 a 50: lì c’è solo l’intenzione di elevare contravvenzioni. Così come piazzarne più di uno in un rettilineo con limite urbano: non è facile controllare il tachimetro. Però facciamo finta che davvero l’obiettivo sia salvare le vite e mettere paura. A questo punto però domando: con gli autovelox si vogliono evitare incidenti e danni alle persone, poi quando la cronaca ci consegna un tragico fatto di omicidio stradale l’esito del processo è paradossale. «Uccise un bambino nella folle corsa in auto. Lo YouTube patteggia: eviterà il carcere».

Fatemi capire: un bambino di 5 anni muore perché, come appurato dal gip, «lo scopo della corsa era guadagnare con la pubblicità sul web» e la pena non prevede il carcere? Ho preso solo una delle ultime decisioni di questo tipo, perché non si tratta affatto di un caso isolato. Mi sfugge il senso educativo delle sanzioni: multe e rischio di ritiro della patente se ha il piede pesante ma non succede nulla se invece investi persone?

 

 

 

NORD E SUD

Appurato il primo controsenso, arriviamo al secondo messo in prima pagina ieri ossia lo sbilanciamento delle multe tra nord e sud come se pure sull’autovelox il nord debba pagare di più. E perché mai? Proprio nei giorni in cui i sindaci e gli amministratori del Mezzogiorno piangono per una autonomia ingiusta (?), gli stessi rinunciano a incassare le multe comminate. Nelle isole la media delle sanzioni effettivamente pagate è di 10,3 euro, al Sud è di 13 euro: quasi tre volte sotto la media del Centro Nord. Al signor De Luca potremmo rinfacciare il dato di Napoli: 14 per cento o di Palermo 12,2. Un’altra fotografia della sciatteria con cui certi amministratori trattano le regole.