C’è una rivoluzione silenziosa che sta prendendo forma tra le corsie degli ambulatori di diabetologia, e questa volta è l’Italia a fare da apripista. Dopo l’approvazione dell’Agenzia europea per i Medicinali (Ema), il nostro Paese è pronto ad accogliere la prima “insulina settimanale” al mondo. Icodec, così si chiama, è sviluppata da Novo Nordisk. Sarà presto commercializzata con il nome di Awiqli e sarà a carico del servizio sanitario nazionale, gratuita per i pazienti. Una sola iniezione ogni sette giorni, dunque, invece delle tradizionali dosi quotidiane. Un cambiamento sostanziale che per chi convive con il diabete, che arriva dopo 101 anni dalla prima insulina, e - come detto - con il nostro Paese in prima fila tra i protagonisti europei. Non si tratta solo di un vantaggio pratico. Secondo i principali studi clinici, tra cui il programma Onward che ha coinvolto migliaia di pazienti in tutto il mondo – inclusi numerosi centri italiani –, l’efficacia di questa nuova insulina è sovrapponibile, se non lievemente superiore, rispetto alle insuline basali attualmente in uso.
Ma è soprattutto nella qualità della vita che si misura il salto. Meno iniezioni (52 anziché 365) significa meno stress, meno dimenticanze, meno ansia da ago. Per molti pazienti il rapporto quotidiano con la terapia insulinica rappresenta infatti un peso psicologico che si somma alla fatica di gestire l’alimentazione, l’attività fisica, i controlli medici. Poter concentrare tutto in un gesto settimanale cambia la prospettiva L’Italia, come spesso accade, si ritrova in prima linea non solo per motivi clinici, ma anche perché qui il diabete è un tema urgente. Secondo le stime, sono poco meno di quattro milioni le persone affette nel nostro Paese, con un’incidenza in costante crescita. La prospettiva di poter alleggerire la loro routine - e con essa la pressione sui servizi sanitari - è di notevole importanza. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) sta ora lavorando per stabilire i criteri di accesso, la rimborsabilità e le modalità di introduzione della nuova terapia nel sistema sanitario nazionale. Una volta completato l’iter, Awiqli potrebbe essere disponibile già entro la fine del 2025.
Le associazioni dei pazienti, come “Diabete Italia”, e le principali società scientifiche, tra cui la SID (Società Italiana di Diabetologia) e l’Amd (Associazione Medici Diabetologi), hanno accolto con entusiasmo la notizia. Per loro non è solo una novità farmaceutica, ma l’inizio di un approccio diverso, più umano, alla gestione della malattia. Non a caso i commenti parlano di «libertà ritrovata», di «qualità della vita», di «maggiore serenità per i pazienti». Espressioni rare nel linguaggio della medicina, ma che raccontano bene cosa significa davvero convivere con il diabete «Ora bisogna garantire un accesso equo e veloce a vantaggio di tutte le persone affette da diabete, assicurando inoltre una piena fiducia nel suo utilizzo da parte della classe medica», rimarca la professoressa Raffaella Buzzetti, presidente della Società Italiana di Diabetologia (Sid) e presidente della Federazione società diabetologiche italiane. «Ed è doveroso riconoscere l’impegno delle Istituzioni che, in tempi rapidi, hanno reso disponibile questa innovazione terapeutica in Italia» aggiunge Riccardo Candido, professore associato di Endocrinologia all’Università degli studi di Trieste e presidente nazionale dell’Associazione medici diabetologi.
L’insulina settimanale, va detto, non sarà adatta a tutti. È indicata per il diabete di tipo 2 e per alcuni casi selezionati di tipo 1. In ogni caso, sarà il medico a stabilire se e come introdurla nel piano terapeutico. Ma la direzione è chiara. In un sistema sanitario che punta sempre più alla personalizzazione delle cure, questa innovazione rappresenta un passo concreto verso un modello in cui la tecnologia farmaceutica si mette al servizio della vita quotidiana. Non si tratta solo di ridurre il numero di iniezioni, ma di restituire ai pazienti un po’ di tempo, un po’ di spazio mentale, un po’ di normalità. Proprio a causa di questa complessità quotidiana, oggi si stima che il 50% dei pazienti ritardi di oltre due anni l’avvio della terapia insulinica. In Italia, un paziente su tre non è ancora trattato con insulina, nonostante valori sballati della glicemia. Il ritardo nell’avvio del trattamento insulinico espone inoltre a un rischio aumentato di complicanze gravi: infarto (+67%), insufficienza cardiaca (+64%), ictus (+51%), nefropatia (+18%), neuropatia (+8%) e retinopatia (+7%). Alla fine, dunque, questa novita rappresenta anche un risparmio per lo stesso sistema sanitario. E non è cosa da poco.