Si muovono i legali di Alessandro Impagnatiello, secondo i quali quello di Giulia Tramontano non sarebbe stato un omicidio premeditato né frutto di un piano, ma piuttosto l’esito tragico di una serie di scelte sbagliate, fatte in modo istintivo e confuso. Questo, per esempio, nonostante l'uso del pesticida, a piccole dosi, giorno dopo giorno. Impagnatiello, condannato in primo grado all’ergastolo per aver ucciso la compagna incinta a Senago il 27 maggio 2023, si appella alla Corte d’Appello di Milano sperando in una revisione della sentenza.
La difesa sostiene che il suo sia stato un gesto non pianificato, commesso da un uomo incapace di affrontare le conseguenze delle sue azioni: in particolare, il desiderio mai realizzato di interrompere la gravidanza della compagna si sarebbe scontrato con una personalità dominata dall’apparenza. Come riporta il documento difensivo, il delitto non fu un "agguato", ma un "susseguirsi di errori", senza la "minima pianificazione", compiuti da un uomo coinvolto in una relazione extraconiugale, che in "cuor suo avrebbe voluto interrompere la gravidanza" ma non vi riuscì perché la sua "personalità narcisistica" non gli permise di distruggere "l'immagine perfetta che ha sempre voluto dare di sé".
Il procedimento in appello inizierà il 25 giugno. Tutto verte attorno all'omicidio della 29enne, uccisa con 37 coltellate. Dopo il delitto, avvenuto nell'abitazione di Senago, Impagnatiello ha provato a disfarsi del corpo, bruciandolo, dunque spostandolo tra cantina, auto e box, prima di nasconderlo in un'intercapedine.
L'avvocato che difende Impagnatiello, Giulia Geradini, ha chiesto alla Corte d’Appello di non riconoscere le aggravanti della premeditazione e della crudeltà, proponendo invece il riconoscimento delle attenuanti generiche. Se la tesi difensiva fosse accolta, la pena potrebbe scendere a 30 anni.
Il legale cita inoltre elementi specifici per rafforzare la sua tesi: "Compra la benzina dopo aver ucciso Giulia Tramontano e il loro figlio Thiago, acquista il carrello per trasportare il cadavere il 30 maggio, più volte sposta la vittima lungo le scale condominiali 'altamente frequentate', lascia la confezione di topicida in bella vista sebbene lo abbia somministrato alla ventinovenne mesi prima di ucciderla con 37 coltellate".
Secondo quanto anticipato d Il Giorno, nel ricorso ci si concentra anche sulla vicenda del veleno per topi, uno dei perni nella condanna all'ergastolo. Le ricerche fatte dall'assassino riguardavano esclusivamente il feto: "Si concentrano sempre ed esclusivamente sul feto in quanto, lo scopo era provocare l'aborto della Tramontano e non causarne la morte". Stando alla difesa, Thiago rappresentava per l’imputato un ostacolo ai suoi piani personali e di carriera. "Thiago, il bambino mai nato, è, per i legali di Impagnatiello, 'un ostacolo per la sua carriera, per la sua vita, per l'acquisto della casa futura e per la relazione con Tramontano. Se in cuor suo avrebbe voluto interrompere la gravidanza, l'immagine perfetta che l'imputato ha sempre voluto dare di sé, in relazione ai propri tratti di personalità, non glielo permise'". Una presa di posizione, quella dei legali di Impagnatiello, che per ovvie ragioni fa discutere: la sostanza è che secondo la difesa, l'assassino temeva per la sua immagine in virtù della gravidanza.