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Piova o splenda il sole un colpevole ci vuole

Se piove, ma pure se non piove, la colpa è sempre di qualcuno. Lo stesso accade se fa caldo o se fa freddo, troppo caldo o troppo freddo, dentro o fuori stagione
di Marco Patricelli mercoledì 9 luglio 2025

3' di lettura

Se piove, ma pure se non piove, la colpa è sempre di qualcuno. Lo stesso accade se fa caldo o se fa freddo, troppo caldo o troppo freddo, dentro o fuori stagione. L’usanza di incolpare qualcuno, e non qualcosa che si sottrae ai tentativi della scienza di ingabbiarla dentro leggi fisiche perfette, si perde nella notte dei tempi. Cambiano le stagioni della storia, figurarsi le stagioni climatiche (chiedere ai dinosauri, per conferma). Persino Sant’Agostino, che qualche filo diretto con il Creatore e con i misteri della fede ce l’aveva eccome, riportò che quando qualcosa non andava la tendenza era di incolpare i cristiani: pluvia deficit, causa christiani sunt. Colpevoli trovati, e vai con le persecuzioni, solo che i cristiani c’entravano col clima come nel Medio Evo le donne mandate sul rogo c’entravano con le streghe. Fase superata, ma con la siccità l’uomo ha continuato a farci i conti e con l’eccesso di precipitazioni anche, nonostante l’individuazione del capro espiatorio da bar dello sport.

È proverbiale e radicato l’ottocentesco e post-illuminista “piove governo ladro”, ma c’è da scommettere che il catastrofismo sul riscaldamento globale oggi è da dibattito accalorato e domani diventerà maniacale espressione di questi tempi. Che il problema si manifesti, e quindi ci sia, nessuno lo nega, eppure fior di scienziati che ne sanno certamente più della piccola “filonara” svedese del venerdì, incoronata profetessa delle leggi della Terra, sostengono di andarci cauti su semplicistiche equazioni causa-effetto con in mezzo l’uomo tecnologico in preda a spasmi di autodistruzione. In effetti è alta l’onda allarmistica sui cambiamenti climatici e sono postulati le ricette per riportare i complessi equilibri del Pianeta a regole fisse e ciclicamente scandite.

NON NOTIZIE
Il clima è una cosa, il meteo, però, è un’altra. Adesso è il momento delle temperature sistematicamente africane, e poi in inverno diventeranno altrettanto sistematicamente glaciali, con il culto dell’iperbole e dell’esagerazione. Se a Campo Imperatore (quasi tremila metri nell’Appennino centrale) a dicembre il termometro registra -15°, è una non notizia, eppure ogni anno lo diventa. Come i consigli in pillole che ogni estate vengono propinati dagli esperti per combattere il caldo: bere molta acqua, indossare vestiti di cotone, non uscire nelle ore più calde, mangiare frutta e verdura. Strano. La notizia sarebbe se qualcuno consigliasse di bere solo superalcolici, indossare pellicce sintetiche, passeggiare dalle 13 alle 14 ma non all’ombra, e di mangiare cibi grassi e calorici. Non è da escludere che il meteo stia diventando una delle tante fissazioni, moltiplicate da qualche miliarduccio di smartphone consultati ossessivamente. In Italia, finita la stagione dei 60 milioni di commissari tecnici della Nazionale di calcio, forse perché fuori dai Mondiali da due edizioni, è arrivata col caldo la stagione – è il caso di dirlo – degli esperti del tempo. L’uomo moderno, che davvero intende piegare la Natura ai suoi desideri con l’aiuto della tecnologia, vuole il fresco d’estate e il caldo d’inverno, salvo lamentarsi che non è così.

SAGGEZZA ANTICA
Qualche anno fa in un’intervista della Tgr Rai, una frase di un vecchietto abruzzese, divenne un tormentone. Al giornalista che gli chiedeva un commento, con l’esperienza della veneranda età, sull’eccezionalità di una precipitazione nevosa, se ne uscì in dialetto con un asciutto e filosofico «la neve? L’ha sempre fatta». La saggezza antica asseriva che d’inverno era normale che nevicasse, poteva accadere che non nevicasse, e pure che nevicasse troppo. L’epocale nevicata del 1956, d’altronde, è stata più volte replicata. E così alluvioni, esondazioni, terremoti e catastrofi varie. Come le pandemie, ancor più imprevedibili e capricciose del meteo, che se ne infischiano dei tentativi della scienza di debellarle.

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