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Il pepe e la frisa: ecco come ti spenno il turista

di Claudia Osmetti lunedì 11 agosto 2025

4' di lettura

È che fai presto a dire: “Le spiagge sono vuote, è colpa dei rincari”. Certo, quelli sono innegabili (secondo l’associazione Altroconsumo gli ombrelloni costano il 5% in più dell’anno scorso, i voli l’83% in più, gli alberghi il 38% in più): però, signori, parliamoci chiaro. È il tormentone di qualsiasi estate che si rispetti, ogni Ferragosto la tintarella ci costa un po’di più. Luglio-col-bene-che-ti-voglio. È, semmai, che per una tariffa aumentata causa inflazione (perché pure i lidi pagano le tasse, pure i ristoranti fanno la spesa al mercato, pure gli hotel hanno le bollette sul groppone) ci sono due furbetti che s’approfittano della situazione. Che ci provano, c’infilano il sovrapprezzo sullo scontrino e fan finta di niente, vedi-mai-che-il-turista-non-se-ne-accorge. Prendi il villeggiante che, qualche giorno fa, è entrato in una pizzeria di Bari, ha chiesto una pizza, ha domandato gentilmente se poteva avere una spolverata di pepe sopra e l’ha pagata cinquanta centesimi in più sul conto finale. Che è, mezzo euro, alla fine? È una questione di principio, soprattutto: è che i piccoli extra son sempre stati gratis, che tra l’altro il coperto è già una voce a parte e dovrebbe comprendere anche queste piccolezze qui.
Ma che scherziamo? Lui (il cliente) s’è imbufalito, ha preso la comanda e l’ha pubblicata sui social. ’Sta volta ha pagato, scommettiamo che la settimana prossima va a mangiare da un’altra parte?

IL PRANZO INDIGESTO C’è mica solo lui, tra l’altro. Sul fronte ristorazione (più o meno alla buona) la lista è lunga. Va dai quattro commensali che a Ponza hanno ordinato, era inizio luglio, un antipasto, un piatto a testa di scialatielli all’aragosta, acqua e vino e hanno lasciato in cassa 923 euro in totale (e d’accordo che le bottiglie erano di bianco pregiato per 120 euro solo quelle, d’accordo che l’aragosta non è esattamente un trancio di tonno del super: però, cribbio, quasi mille euro per una cena sono la metà di uno stipendio medio italiano), ai frequentatori della bellissima Sirmione dove, nelle gelaterie, un cono può arrivare a costare anche otto euro. Dolce e (decisamente) salato.

IL CROISSANT CONDIVISO A Oderzo, in provincia di Treviso, un paio di settimane fa, una coppia è entrata in una pasticceria e ha preso due caffè e una brioche. Poi s’è fatta tagliare il croissant in due (tempo dell’operazione tre secondi, utensili impiegati un coltello, piattino da servizio lo stesso) e ha capito solo al momento di pagare che la divisione ha fatto lievitare lo scontrino di dieci centesimi. Stesso risultato di Bari: non è il costo in sè, è che ti senti preso per i fondelli. Infatti la storia è finita prima su Facebook, poi sui giornali e infine in rete perché il locale è stato subissato di recensioni e commenti negativi.

LA FRISA GOURMET Nel Salento c’è chi chiede 17 euro per una “frisa gourmet” servita sul bagnasciuga, chi per una bottiglia di acqua frizzante (manco da un litro, da 75 centilitri) ne domanda tre, chi un gin tonico al rosmarino, al tramonto, lo fa pagare tredici euro (che è un prezzo altino anche per Milano durante la settimana della moda, dài su). Già i parcheggi sono diventati un salasso unico e ovunque (però quelli tutto l’anno), se ci si mette anche il resto campacavallo.

SPAGHETTI ASSASSINI Il piatto più iconico della Puglia di oggi (gli spaghetti all’assassina) in qualche vicoletto di Bari è arrivato a costare diciotto euro, una scodellata di inimitabili orecchiette con le cime di rapa (che, però, adesso sono fuori stagione per cui per necessità non possono che essere surgelate) quindici (addirittura diciassette se si opta per l’aggiunta di una cucchiaiata di freschissima stracciatella), del polpo fritto con un contorno che va a sgrassare non costa meno di 23 (aperta parentesi: il malcostume non è solo italiano, una recente inchiesta del quotidiano francese Le Parisien ha scoperto che i bistrot di Parigi fanno pagare ai turisti anche il 50% in più rispetto al prezzo medio destinato ai francesi. Parbleau).

SCHISCETTE VIETATE Uno allora ci prova: “Adesso li frego io”. E si prepara la bella schiscetta, la classica frittata ai peperoni (un must), il cesto di frutta, un tupperware di pasta fredda: se lo mette nella borsa frigo e avanza baldanzoso sotto il solleone del bagnasciuga attrezzato. Invece no. Invece succede (come nel Casertano, a inizio settimana) che s’avvicina il gestore del lido, ti fa segno di allontanarti e ti dice che se proprio vuoi gozzovigliare come a casa tua devi optare per un’area apposita «dove tutti possono mangiare in modo gratuito». Ti cadono le braccia, altroché.

GIRI IN CALESSE Come probabilmente sono cadute le braccia ai due turisti spagnoli che a Palermo, un mesetto fa, sono saliti su una carrozza trainata dai cavalli per fare il giro della città, si sono ritrovati dentro un mini tour di un’oretta scarsa epperò hanno sborsato quasi 500 euro. Poi a piedi sono andati direttamente in questura per denunciare il fatto che l’amministrazione comunale per prima ha bollato (giustamente) come una «truffa di una gravità assurda».

CASE INESISTENTI Truffa per truffa è andata male anche alla coppia di greci che, credendo alle offerte last-minute di un sito (quasi) uguale al portale Tripadvisor, ha prenotato una settimana di vacanza in una splendida villa a picco sulla Costiera amalfitana. Vista mare, camere spettacolari, prezzo abbordabile: peccato che sul posto non hanno trovato nulla: non esisteva nemmeno un misero monolocale e i “proprietari”, contattati al telefono, non hanno mai risposto.
Solo negli ultimi dodici mesi sono stati oltre cinque milioni gli italiani raggirati o che si sono salvati in extremis da un imbroglio del genere, quasi due milioni l’ha scoperto una volta giunto a destinazione.
False partenze, escursioni saldate ma che non sono mai state organizzate, camere bloccate con sorpresa (nel senso che sono già occupate), noleggi inesistenti: turista spennato (qui si, in pieno), per niente salvato.

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