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Dopo i cineasti, anche medici e infermieri fanno lo show pro-Gaza

Al Lido, don Capovilla parla di "precisa pulizia etnica". E il prof Nivarra (Università di Palermo): "Togliamo l’amicizia su Facebook a tutti gli ebrei"
di Fausto Carioti mercoledì 27 agosto 2025

4' di lettura

È il momento di gloria del movimento Bds. Quello che da decenni – e sin qui con poco successo, almeno in Italia – propone boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele. «Inclusivo e antirazzista» secondo la definizione che si è dato da solo, antisemita nei fatti e nella propaganda. Domani farà un salto di qualità. In contemporanea con la Mostra del Cinema di Venezia, dove sono già stati ostracizzati gli attori israeliani (Gal Gadot) o vicini a Israele (lo scozzese Gerard Butler), si svolgerà la «giornata nazionale del digiuno degli operatori e operatrici del servizio sanitario per protestare contro il genocidio che si sta perpetrando a Gaza». Piatto forte dei digiunanti è la messa al bando dei farmaci israeliani. Il bersaglio è la solita Teva, multinazionale che in Italia è uno dei principali fornitori di medicinali equivalenti, soprattutto per la cura delle patologie croniche. L’appello chiede a operatori sanitari, Regioni e Comuni di boicottare i suoi prodotti e rompere gli accordi già firmati «con un’azienda non solo complice di occupazione e apartheid, da cui trae profitti, ma anche attivamente coinvolta nel genocidio».
È il primo, vero tentativo di estendere sul territorio nazionale la protesta iniziata a fine luglio in Toscana. La promuovono il sacerdote don Luigi Ciotti, la Cgil Funzione Pubblica, l’Unione sindacale di base, l’associazione Medicina Democratica, l’Anpi di Pisa, l’Arci e moltissime altre sigle. Gli organizzatori prevedono che aderiscano 15mila sanitari.

L’appello contro Israele è stato rilanciato anche dall’Ausl di Bologna, sul proprio sito istituzionale. Lì si spiega che chi intende aderire «è invitato a fotografarsi con il cartello “Digiuno contro il genocidio a Gaza”» e poi a condividere la foto sui propri social network, «in modo da amplificare il messaggio». Un vero spot, su un mezzo che dovrebbe dare informazioni di servizio ed è finanziato da tutti i contribuenti, inclusi quelli che non condividono la mobilitazione. Ragioni per cui ha protestato la delegazione regionale di Fratelli d’Italia. L’epicentro della campagna anti-israeliana è comunque Venezia. La Mostra d’arte cinematografica inizia oggi, con l’inaugurazione alla presenza del ministro Alessandro Giuli e dei vertici delle istituzioni locali. Il presidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco, ieri ha invitato don Nandino Capovilla, il parroco di Marghera che era stato espulso da Israele il 12 agosto, a parlare dal lido. In una sorta di cerimonia della vigilia, il sacerdote ha detto che «non solo a Gaza, non solo dove governa Hamas, non dal 7 ottobre 2023, ma prima e dopo, in tutto il territorio palestinese occupato, si sta compiendo un preciso disegno di pulizia etnica iniziato con la Nakba del 1948, un tassello di quel colonialismo di insediamento alla base del sionismo». Prima di dargli la parola, Buttafuoco aveva spiegato che non si deve stare zitti, ma «si comincia a gridare a parlare, a fare rumore quando i bambini muoiono». Due voci in sintonia, senza nessuno che difendesse le ragioni di Israele.

La mostra di Venezia si candida così a essere la vetrina delle proteste pro-Pal e anti-israeliane. Il suo direttore artistico, Alberto Barbera, è già preparato: intervistato dalla rivista Variety, dice che «per quanto riguarda le manifestazioni pro-Gaza mi sorprenderebbe se non ci fossero, visto che si stanno svolgendo in tutto il mondo». Sull’altro fronte, intanto, aumentano le adesioni all’appello lanciato dal gruppo “Venice for Israel”, i cui firmatari sostengono che «sarebbe una ferita insopportabile se proprio Venezia, la città che ha inventato la parola “ghetto”, si macchiasse oggi di un secondo triste primato antisemita». Le sottoscrizioni marciano verso quota 2.500 e sono una risposta agli oltre 1.500 cineasti (tra cui Verdone, Muccino e Bellocchio) che hanno condiviso la lettera del collettivo Venice4Palestine contro Israele e poi chiesto il boicottaggio di Gadot e Butler, costretti così a non presentarsi a Venezia.

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«Siamo arrivati al punto che degli artisti pretendono di censurarne altri solo per le loro idee personali», ha commentato la leghista Lucia Borgonzoni, sottosegretaria alla Cultura. In questo clima di antisemitismo riesce a distinguersi il giurista Luca Nivarra, ordinario di Diritto civile nell’università di Palermo, vicino alle posizioni della sinistra. In una serie di post, spiega che «i fatti dimostrano che non ci sono israeliani buoni» e lancia una proposta per ghettizzare «gli ebrei» (sic). Spiega che «un segnale, per quanto modesto, potrebbe consistere nel ritirare l’amicizia su Facebook ai vostri “amici” ebrei, anche a quelli “buoni”, che si dichiarano disgustati da quello che sta facendo il governo di Israele e l’Idf. Mentono e con la loro menzogna contribuiscono a coprire l’orrore. È una piccola, piccolissima cosa, ma cominciamo a farli sentire soli, faccia a faccia con la mostruosità di cui sono complici». Deve intervenire il rettore di Palermo, Massimo Midiri, per avvertire che si tratta di «un’iniziativa personale culturalmente pericolosa e lontana dai principi del nostro ateneo». E questo era ieri, con la mostra di Venezia non ancora iniziata. Sul lido si prevede un crescendo sino a sabato, quando attori e registi parteciperanno alla manifestazione “Stop al genocidio - Palestina libera”. La Palestina che va dal fiume al mare, senza Israele in mezzo.

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