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Quarta Repubblica, il giudice Vitelli: "Ecco perché ho assolto stasi"

di Roberto Tortora martedì 9 settembre 2025

2' di lettura

Altra puntata della telenovela Garlasco: un nuovo incidente probatorio è previsto per domani, 10 Settembre in Questura a Milano, e verterà principalmente sul Dna (e potenziali impronte) da reperti presenti nella spazzatura trovata nella villetta (contenitori di Estathé, Fruttolo, sacchetto di cereali, ecc.).

Il perito dattiloscopista Domenico Marchigiani valuterà se emergano impronte utili a identificare altre persone. Se ne discute già a Quarta Repubblica, il salotto di confronto politico di Rete4 del lunedì sera, gestito da Nicola Porro. A parlare è Stefano Vitelli, magistrato celebre per essere stato colui che, nel 2009, decise l’assoluzione in primo grado di Alberto Stasi, fidanzato di Chiara Poggi, vittima del delitto.

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Vitelli conferma i suoi dubbi sulla colpevolezza di Stasi: “Innanzitutto ha l'alibi informatico, è stato accertato in primo grado che Stasi durante la mattinata ha lavorato alla tesi, quindi non solo non ha detto una bugia, ma nelle ore centrali della mattina era impegnato a casa sua in un lavoro intellettualmente significativo. Doveva completare, emendare e correggere la tesi e lo ha fatto con sostanziale continuità mettendoci la mano e il cervello. Sicuramente l'assassino o uno degli assassini è entrato in bagno. Abbiamo l'impronta insanguinata sul tappetino davanti allo specchio.  Abbiamo anche, ed era uno degli indizi, l'impronta di Stasi sul dispenser del sapone. Allora Stasi ha lasciato quell'impronta quando si è lavato le mani sporche di sangue dopo aver ucciso Chiara Poggi? Ma mancava il sangue nel sifone, sul dispenser. In un caso difficile come questo il ragionevole dubbio non è un espediente grazie al quale l'imputato la fa franca nonostante sia colpevole. Non è un espediente, è una garanzia vera, per cui in casi di concreta incertezza, multidirezionale e secondo me il caso di Garlasco è paradigmatico, non si deve correre il rischio di mettere in galera un innocente”. Quando Vitelli assolse Stasi sottolineò che nel quadro accusatorio “sembrava mancare qualcosa che lo incastrasse” e che “tutto ciò che veniva fatto aumentava i dubbi”.

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