Paura nel Veronese. A Verona infatti da qualche giorno è in corso un’epidemia di chikungunya, con 46 casi autoctoni registrati dal 6 agosto 2025, quando è stato individuato il paziente zero: una 64enne di Arbizzano, senza recenti viaggi all’estero, seguita 24 ore dopo da una 39enne di Affi. L’epidemia, come riporta LaStampa, riconducibile al ceppo del Madagascar, è cresciuta al ritmo di due casi al giorno. “Quasi certamente, il virus è stato portato a Verona da una persona di rientro dall’estero. Tornata in Italia, è stata punta da una zanzara tigre, che a sua volta ha trasferito il virus altrove”, spiega Fabrizio Pregliasco, professore di Igiene all’Università di Milano.
Si tratta del secondo focolaio in Italia dopo Carpi, con un totale nazionale di 208 casi (41 legati a viaggi, 167 autoctoni), un’età media di 60 anni e il 47% maschi. Nel Veronese, solo due pazienti sono stati ricoverati e sono guariti.“Rispetto a quelli di west nile, i sintomi di chikungunya sono decisamente meno impegnativi: si parla soprattutto di dolori articolari, simili a quelli che possono derivare da un’influenza”, chiarisce Matteo Bassetti, professore di Malattie infettive a Genova. Il virus, il cui nome significa “ciò che contorce” in lingua makonde, non ha vaccini ed è favorito dalla tropicalizzazione del clima italiano. Le zanzare tigre, vettori del virus, proliferano fino a novembre. “Se dopo tanti anni è arrivato in Italia, vuol dire che sta trovando condizioni favorevoli”, aggiunge Bassetti. Sono in corso disinfestazioni, mentre eventi come la “Fiera del riso” a Isola della Scala rischiano la cancellazione. Si raccomanda di eliminare ristagni d’acqua per limitare la proliferazione delle zanzare.