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Maria Cristina Gallo è morta: istologico dopo 8 mesi, la prof non ce l’ha fatta

di Luca Puccini sabato 11 ottobre 2025

3' di lettura

Maria Cristina Gallo, 56 anni, denunciò il ritardo dell’esito della biopsia Nell’inchiesta ancora in corso della Procura sono indagati dieci medici Se quel ritardo, che comunque è scandaloso di per sé (otto mesi per ottenere un referto sono un’infinità), le sia stato veramente fatale, lo accerterà la procura nell’ambito dell’inchiesta che è nata proprio grazie alla sua denuncia: ciò che è certo, per ora, è che Maria Cristina Gallo, la professoressa di 56 anni di Mazara del Vallo, nel Trapanese, la prima ad accorgersi che qualcosa non quadrava dopo che era trascorso più di mezzo anno dalla biopsia a cui era stata sottoposta senza che le fosse stato notificato alcun esito, è morta ieri, nella sua città, con un quadro clinico compromesso da metastasi diffuse e il calvario di accertamenti che ha indignato mezza Sicilia.

Un’isterectomia già operata, quell’esame richiesto nel 2023, a dicembre: la risposta arrivata nell’agosto dell’anno successivo, lo sconforto, il dolore, per certi versi pure la beffa perché un conto è la malattia (bastarda, come tutte le malattie) e un altro è il tempo che passa mentre aspetti.

Mazara saluta questa donna coraggiosa la mattina di oggi, nella cattedrale, coi funerali celebrati dal vescovo Angelo Giurdanella e con il lutto dell’intera comunità deciso dal sindaco Salvatore Quinci «per manifestare in modo tangibile il cordoglio stringendoci alla famiglia». È che lascia l’amaro in bocca, una storia così. Una patologia «scoperta troppo tardi per gli ingiustificabili ritardi degli esami da parte dell’Asp» (l’Azienda sanitaria provinciale); un caso che ne ha portati a galla altri 3mila, di cui più di 200 con la rilevazione, purtroppo, di un tumore; un’emergenza che ha riguardato 1.405 campioni del 2024 e 1.908 del 2025, tutti (a marzo di quest’anno) «in attesa di refertazione», come è scritto in una nota della Regione Siciliana ancora presente sul sito dell’ente.

La magistratura di Trapani sta indagando (come è giusto che sia), c’è un fascicolo aperto che, per il momento, ha visto almeno dieci medici coinvolti e una perizia in corso di svolgimento. Per capire proprio quello, per rispondere alla domanda che in queste ore rende il compianto di Maria Cristina ancora più greve: c’è un nesso, una correlazione, tra il limbo in cui si è trovato il suo referto e il decesso avvenuto all’alba di giovedì? Se quel maledetto cancro si fosse accertato prima, vale per lei e vale per tutti gli altri con quella diagnosi infame, si sarebbe potuto agire diversamente?

«Cristina è diventata, sua malgrado, simbolo di uno di quei casi che si definiscono di “malasanità”», scrive sui social il vicepresidente della Camera Giorgio Mulè (Forza Italia), «pur essendo provata dalla sofferenza non si è mai arresa. Ha combattuto la malattia e, insieme, una battaglia per cercare verità e giustizia. Ha combattuto soprattutto per aiutare gli altri. Sono stato al suo fianco e sono stato orgogliosamente il suo “moschettiere”, oggi piango la morte di un’amica e di un’implacabile guerriera dolcissima». A ricordare la prof 56enne ci sono anche Davide Faraone di Italia Viva («Ha combattuto contro l’indifferenza»), Carlo Calenda di Azione («una storia che fa vergognare») e il segretario della Dc Totò Cuffaro («Era una donna buona che ha speso la sua vita per i più bisognosi, per i disabili. Lei, donna dalla profonda fede e che ha curato le malattie degli altri, è rimasta vittima di malasanità»).

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