Il giorno successivo a quello in cui la Cassazione confermava la condanna di Alberto Stasi per l'omicidio di Chiara Poggi, Andrea Sempio sui social postava un’immagine che anni dopo sarebbe riemersa di prepotenza: un agnello sacrificale. Un gesto rimasto per lungo tempo sullo sfondo, ma che oggi, alla luce della nuova indagine che lo vede accusato di omicidio in concorso per la morte di Chiara, torna a riempire il dibattito e a sollevare interrogativi. Era il 13 dicembre 2015, appena ventiquattr’ore dopo la sentenza definitiva che chiudeva il processo contro Stasi. Ora, a dieci anni esatti da quel verdetto, il nome di Sempio potrebbe approdare davanti al giudice con un nuovo e pesante capo d’accusa.
Mentre la Procura di Pavia completa gli ultimi passaggi per chiedere il rinvio a giudizio, il 38enne - amico storico di Marco Poggi, fratello della vittima - e il suo nuovo team difensivo lavorano a definire la strategia processuale. L’esito delle indagini preliminari è atteso a breve, e in questo contesto l’immagine dell’agnello, pubblicata su Facebook all’indomani della condanna di Stasi, è tornata a circolare tra gli atti e le analisi degli inquirenti. Sempio, a suo tempo, aveva spiegato il post con queste parole: "Rappresenta una pittura rupestre delle grotte di Altamira presa da internet. Ricordo che quando l'ho presa stavo guardando quali sono le prime forme artistiche dell'essere umano". Anche l’avvocato di Stasi, Antonio De Rensis, aveva puntato l’attenzione su quella foto, definendola "Una realtà, non una suggestione".
Sul fronte giudiziario, intanto, si avvicina l’incidente probatorio fissato inizialmente per il 18 dicembre dalla gip di Pavia, Daniela Garlaschelli. Ma non è detto che l’appuntamento chiuda la partita degli accertamenti: la difesa di Sempio sta valutando se chiedere un ampliamento delle analisi, riaprendo il capitolo dell’ormai celeberrima impronta 33. Si tratta della traccia individuata sulle scale che conducono al seminterrato della villetta di via Pascoli, scale dove fu trovato il corpo di Chiara Poggi, una traccia attribuita dagli investigatori al 37enne oggi sotto accusa.
Questa verifica aggiuntiva era stata scartata mesi fa dal precedente collegio difensivo, guidato dagli avvocati Massimo Lovati e Angela Taccia, nonostante il parere favorevole del generale Luciano Garofano, allora consulente del gruppo. L’ex comandante dei Ris, che successivamente si è dimesso dal ruolo, aveva insistito affinché la cosiddetta "palmare 33" venisse inclusa nel pacchetto di analisi dell’incidente probatorio. Ora, con un nuovo impianto difensivo - del team legale di allora resta solo Angela Taccia, legata a Sempio da un'amicizia di lunghissima data -si fa sempre più concreta l'ipotesi di includere anche l'impronta tra i soggetti per nuovi accertamenti.
Stando a quanto sostengono i nuovi consulenti dell'indagato, la traccia - che sarebbe di sudore e non di sangue - non sarebbe attribuibile a Sempio dal punto di vista dattiloscopico, e sarebbe stata valutata in passato sulla base di una "inversione di approccio investigativo". Una tesi che, se accolta, potrebbe mutare in modo profondo la ricostruzione del delitto. Il tutto a distanza di quasi vent'anni.