Un “Presepe pro-life” è stato allestito quest’anno nella grande Aula Paolo VI del Vaticano (quella delle udienze generali). Leone XIV, inaugurandolo, ha detto: «La rappresentazione della Natività, che rimarrà in quest’Aula per tutto il periodo natalizio, proviene dal Costa Rica e si intitola Nacimiento Gaudium. Ognuno dei ventottomila nastri colorati che decorano la scena rappresenta una vita preservata dall’aborto grazie alla preghiera e al sostegno fornito da organizzazioni cattoliche a molte madri in difficoltà. Ringrazio l’artista costaricana che ha voluto, insieme al messaggio di pace del Natale, lanciare anche un appello affinché venga protetta la vita fin dal concepimento».
In effetti l’artista, Paula Saenz Soto, ha messo in scena tutte le figure tradizionali del Presepe – Maria, Giuseppe, i pastori, i Magi, gli animali – ma con una novità: nei giorni che precedono il Natale la figura di Maria appare incinta. Invece dal giorno di Natale sarà sostituita da una statua della Madonna inginocchiata, in contemplazione del Figlio già nato. A Lorenzo Bertocchi del mensile cattolico “Il Timone” Paula Saenz Soto ha spiegato questa novità: «Fin da bambina, contemplando i presepi nelle chiese e nelle case, mi colpiva sempre che durante l’Avvento comparisse la mangiatoia vuota, con la Vergine e San Giuseppe accanto... ma la Vergine non appariva mai incinta. Eppure la storia della nascita comincia proprio nel grembo materno. Questa assenza rimase impressa nel mio cuore. Se l’arte sacra racconta una storia, deve raccontarla per intero. Oggi, come artista, ho finalmente potuto rappresentare ciò che ho sempre desiderato mostrare: una Vergine Maria incinta durante l’Avvento, come fa l’iconografia bizantina, e come un insegnamento teologico e umano importantissimo: Gesù ebbe un grembo materno, si nutrì di sua Madre e dipese completamente da lei, come tutti noi». Il messaggio è chiaro: «In una cultura che nega l’umanità del concepito, mostrare che il Figlio di Dio abitò un grembo materno significa ricordare al mondo che ciò che è più sacro inizia lì: in quello spazio di assoluta vulnerabilità dove Dio ha voluto crescere sano e protetto».
Ma è un presepe pro-vita anche per altri motivi. Per i 28mila nastri colorati di cui ha parlato il Papa, che sono altrettante vite salvate dall’aborto grazie a volontari che hanno accompagnato donne con gravidanze a rischio o donne con gravi problemi. «Inoltre, dentro la mangiatoia dove sarà deposto il Bambino Gesù - dice l’artista - sono stati collocati 420 nastri realizzati da bambini gravemente malati dell’Ospedale Nazionale dei Bambini del Costa Rica. Ogni nastro porta un’intenzione scritta da loro: per la propria salute, per quella di altri bambini e persino per i loro medici. Quella sofferenza, offerta con amore, è il calore spirituale che prepara la culla del Bambino Gesù». È un presepe che dunque celebra la sacralità di ogni vita umana, in ogni suo momento. Infatti il Papa, inaugurandolo, ha concluso: «Chiediamo al Signore di rinnovare in noi il dono della pace e della fraternità. Preghiamo per quanti soffrono a causa della guerra e della violenza... Lasciamo che la tenerezza del Bambino Gesù illumini la nostra vita».
È un presepe tradizionale che fa notizia solo perché veniamo da anni di polemiche nei quali il presepe è diventato terreno di scontro ideologico. Anni in cui si è voluto rendere omaggio a tutte le mode ideologiche del momento (dall’ecologismo, all’immigrazionismo, ai “presepi arcobaleno”). L’anno scorso – durante la guerra a Gaza – si discusse su Papa Francesco che pregava davanti al presepe in cui Gesù Bambino giaceva su una kefiah palestinese. Sono stati anni confusi, di sbandamento. Come aveva detto profeticamente Ratzinger, anche per i cattolici «il relativismo, cioè il lasciarsi portare “qua e là da qualsiasi vento di dottrina”», è apparso «come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi». Ma è venuto lo smarrimento. I credenti sono stati “colonizzati” da ideologie mondane. Invece il presepe inaugurato da Leone XIV non rappresenta una bandiera ideologica, non è l’ennesima provocazione, né una sfida.
È la Buona Notizia. Per tutti. Come ha spiegato l’artista: «Ci riporta al cuore del cristianesimo: l’Incarnazione... quando Dio decide di condividere la nostra condizione umana. Dio si è fatto bambino per mostrarci che comprende le nostre necessità, fragilità e sofferenze. Ha sperimentato fame, freddo, tristezza e gioia. Ha avuto bisogno di genitori che lo curassero, lo educassero e lo accompagnassero. In un mondo che spesso nega il valore e la dignità della vita umana - soprattutto della più vulnerabile -, ricordare che Dio stesso è stato un bambino, un embrione, un concepito, ci invita a guardare ogni essere umano con una riverenza nuova». Sarebbe piaciuto a Madre Teresa di Calcutta, che ha sempre ripetuto - anche quando le fu assegnato il Nobel per la pace - che il bambino nel grembo delle madri è la creatura più povera del mondo e la più vulnerabile, quindi - spiegava - la pace nel mondo comincia dalla difesa della sua vita. Questo “Presepio pro-life” in fondo è anche un atto di speranza per i Paesi europei, nei quali il più grave “problema strategico” oggi è proprio la denatalità. È un inno alla vita.