Intervista

Davide Romano: "Ora gli imam di Milano condannino i terroristi"

Massimo Sanvito

Romano, la tensione cresce e Hamas, anche a Milano, dimostra di avere fin troppi tifosi. Che idea si è fatto?
«Alla base c’è un’esperienza che non è affatto un pregiudizio, ovvero che ogni volta che in Medio Oriente la situazione si scalda gli ebrei vengono aggrediti in tutta Europa ed è successo anche nella nostra città, al momento solo con attacchi verbali per strada. È ora quindi di cambiare approccio, smettendola di pensare che il terrorismo sia come la pioggia. Non è un fenomeno passeggero».

La solidarietà che arriva dal mondo islamico è troppo tiepida?
«Quando ci esprimono solidarietà vorrei capire con chi abbiamo a che fare. Quando Israele subisce un attacco terrorista giustamente tutti dicono “Hamas non rappresenta i palestinesi”, però alle manifestazioni pro Palestina nessuno condanna Hamas, anzi. Qualcosa non torna... È un gioco delle tre carte inaccettabile. Se gli ebrei vengono picchiati e aggrediti verbalmente è anche responsabilità dei leader religiosi islamici che non calmano le acque. Per questo ci tengo a fare un appello.

Prego.
«Nei prossimi sermoni e sui media gli imam devono dire apertamente che gli ebrei vanno rispettati. Questo è il minimo che si possa chiedere alla comunità musulmana, mica è nulla di straordinario. L’ideale sarebbe che le autorità religiose dell’Islam facciano una fatwa contro chi tocca gli ebrei...».

Davide Romano, direttore del museo della Brigata Ebraica, racconta a Libero i timori della comunità in una fase storica a dir poco intricata. Non è il momento di alzare i toni, semmai quello di abbassarli. «Tra ebrei e musulmani non è in atto nessun conflitto in Occidente: quello che sta succedendo in Medio Oriente crea sconforto ma non per questo bisogna importare qui la guerra anziché esportare là la pace». L’ambiguità delle frange più estreme della sinistra, però, non fa altro che esasperare le divergenze.
E l’odio rosso Romano lo conosce bene. È quello dei centri sociali e dei collettivi studenteschi che il 25 aprile contestano la presenza della Brigata lungo il corteo che celebra la Resistenza. «Ci urlano e ci sputano addosso ogni anno, quindi non ci stupisce il fatto che a marciare per la Palestina ci siano anche exbrigatisti ed estremisti di sinistra. È il solito filo rosso...».

Parte della comunità musulmana milanese bolla come fake news le stragi dei terroristi islamici contro il popolo israeliano...
«Questo ci preoccupa molto, così come l’intervista rilasciata da uno dei leader di Hamas alla rivista La Luce in cui viene ribadita la menzogna che Israele stia attentando alla moschea di al-Aqsa. Dire una cosa del genere è gravissimo. È come dire che qualcuno voglia bruciare il Corano, una cosa terribile che può scatenare pogrom e uccisioni. La verità prima di tutto: buttare benzina sul fuoco è l’ultima cosa da fare».

È un problema di politica più che di religione?
«Sì. Nelle moschee non si deve parlare di politica ma pensare a calmare gli animi. In sinagoga si prega per la pace, non si attaccano gli altri. Questo serve, soprattutto ora che la situazione sul fronte militare rischia di infiammarsi. Tanti musulmani dicono di essere nostri fratelli, bene: gli amici si vedono nel momento del bisogno».

La politica vera, invece, cosa dovrebbe fare?
«Deve andare oltre la solidarietà: serve un passo in più. Per questo mi piacerebbe che le istituzioni, a ogni livello, convocassero i responsabili delle moschee e gli chiedessero cosa intendano fare per evitare le aggressioni agli ebrei sul territorio nazionale. Perché in Parlamento non si discute di incitamento all’odio con le associazioni musulmane in Commissione Segre?».

Il sindaco Sala che contributo può dare?
«Lui ha buoni rapporti col mondo islamico, pertanto chiediamo a lui e ai suoi collaboratori di promuovere iniziative contro l’odio antisemita.
Seppur abbia una maggioranza composita, cerchi di prevenire anziché aspettare che accada qualcosa di brutto».

A Milano ci sono moschee che vi preoccupano?
«Penso a quella gestita da Milli Gorus (via Maderna, ndr), dei nazionalisti religiosi. Di fanatici ce ne sono troppi. Intendiamoci, io sono assolutamente a favore delle moschee ma la libertà di professare una religione non deve essere confusa con la politica. I luoghi di culto non devono essere sezioni politiche».

Si parla tanto di islamofobia e meno degli attacchi subiti da cristiani ed ebrei. È questione di vittimismo?
«Un po’ sì. Ed è il vittimismo aggressivo degli islamici che ci costringe a nascondere la kippah per evitare guai. Le discriminazioni nei confronti dei musulmani purtroppo esistono e vanno condannate. Anche i neri in America hanno subito persecuzioni: non per questo, però, hanno mai fatto attentati...».