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Milano, una "A" non risolve i problemi delle donne: l'ultima trovata dei progressisti

di Simona Bertuzzi giovedì 26 ottobre 2023

2' di lettura

Se bastasse la prima vocale dell’alfabeto a risolvere i problemi delle donne, saremmo nel paese dei balocchi. Perché non c’è giunta di sinistra che non abbia deliberato, almeno una volta nella sua legislatura, che titoli e incarichi istituzionali fossero declinati al femminile per farci sentire più incluse e partecipi. La realtà è che di questa partita col vocabolario importa niente alla stragrande maggioranza di noi. E non è questione di appartenenza politica o insensibilità semantica. Semplicemente non è vero che chiamandoci ingegnera o sindaca o cittadina sentiremo meno il peso del gender gap che continua a percorrere ogni anfratto della società, sia a livello di stipendio che di condizione lavorativa. Prova ne è che al mondo ci sono decine di professioni con la letterina “a” - astronauta, giornalista, elettricista, tassista, barista, farmacista, centralinista, camionista, stilista, musicista, dentista - in cui molte donne fanno ancora una certa fatica a farsi sentire. E si sentono prevaricate e minimizzate anche se il linguaggio dà loro una mano.

Dunque le linee guida che la città Metropolitana del sindaco Sala ha appena votato per spargere afflati rosa sul vocabolario come fossero foglie di prezzemolo, lasciano il tempo che trovano. Al pari di chi ammanta di bontà ogni iniziativa che abbia l’appellativo di “sostenibile”. O di chi dipinge di colori ambrati la pelle di Biancaneve pensando che il mondo diventerà più giusto e sconfiggerà in questo modo il razzismo.

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Stupisce poi che a cadere nel tranello della moda del momento sia una consigliera attenta alle questioni sociali e anche insegnante come Diana De Marchi. Dovrebbe sapere l’esponente piddina che alle donne servono cose più vere e tangibili, come gli asili nido, il sostegno alla maternità, orari flessibili, stipendi e ruoli adeguati alla propria formazione. Oltre alla possibilità di essere valutate per le proprie capacità, non per la bellezza o un sorriso appagante. Finché ragioneremo in termini di vocali resteremo relegate nei salottini buoni a chiedere che il consesso maschile ci ascolti perché finiamo con la “a” o perché il mondo (e noi per prime) ci considera panda da proteggere. 

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