Benvenuti nel mondo distopico di Valentina Scotti dove ad andarsene in giro per la città, a bordo dei vecchi tram milanesi che sembrano “usciti dai binari”, è un bulldog francese. “Milano è mia!”, fa capire il frenchie guardando negli occhi chi lo ha sorpreso mentre guida una vettura, mentre si gode il sole dagli scalini o respira la notte illuminata dalle vetrine e dalle insegne accese seppur deserta. Già, nella città di Valentina Scotti, in arte Valesco , non c'è anima viva in giro. Non c'è la frenesia della città, né la sua nevrosi, ma una calma onirica che dona benessere, ristoro. La distopia di Valesco non è infatti una negazione dell'utopia , ma la sua essenza.
Le prospettive ardite dei grattacieli, le forme “molli” dei tram sono visioni distorte come nei sogni, fantastiche come nel paese delle meraviglie di Alice; sono viaggi in mondi altri rispetto alla frenesia della metropoli, alla rigidità delle norme e delle regole sociali. Mondi psichedelici sospesi nel tempo dove a fare da guida è lui, il bulldog che non è più solo un cane, ma una presenza totemica che rende la solitudine della scena piena e mai alienante.
Tutto questo è frutto di una visione che affonda le radici in una disciplina antica, meditativa e rigorosa: il Tai Chi Chuan. Valesco, non è soltanto un’artista digitale dal tratto raffinato, ma anche una praticante Shaolin, - arte marziale che, pur essendo nota per le sue tecniche dinamiche, integra nella sua tradizione anche forme di Tai Chi, più lente e interiori, capaci di coltivare equilibrio, ascolto e presenza - abituata a percepire il vuoto come forma, il gesto lento come risposta al caos. E così, Milano sei mia - la mostra pop up di Valesco allestita nella meravigliosa palestra di pugilato all’Heracles Gymnasium di Via Padova 21 tra pesi, ring, sacchi e i campioni di boxe - diventa una serie di “forme visive” eseguite con la stessa attenzione di una pratica marziale: ogni scena è un movimento che si dispiega nel silenzio, un equilibrio tra pieno e vuoto, tra immaginazione e realtà. In mostra una serie di dieci tavole digitali stampate su pannelli in forex, realizzate interamente a mano libera su tavoletta grafica, in cui la città di Milano si rivela sotto una luce nuova: più intima, più metafisica, quasi ipnotica.
Valesco lavora tutto in digitale, ma con la cura e l’attenzione di un artista rinascimentale nella sua bottega. Dallo schizzo iniziale su tavoletta grafica, alle colorazioni che mischiano acquerelli e matite, ogni tratto racconta di una mano che sa attendere. L’artista, che ha studiato alla Scuola del Fumetto di Milano e ha esposto tra Tokyo e New York, Roma e Atene, modella paesaggi urbani onirici con layer di graffi, rumore ambientale, sovrapposizioni e sfocature. Sono opere che si avvicinano al linguaggio del cinema più che a quello dell’illustrazione: evocano atmosfere alla Wong Kar-wai, con la lentezza sospesa del tempo e una malinconia sofisticata.
Nata a Milano, Valesco è cresciuta tra marker e Moleskine, acquerelli e inchiostro, ma la cifra che oggi la distingue è questa sua capacità di fondere rigore tecnico e visione. Milano sei mia non è solo una dichiarazione d'amore alla città, ma anche un gesto di appropriazione, un grido sommesso – e proprio per questo potente – di resistenza poetica . Perché anche in una metropoli svuotata, senza passanti né clacson, esiste ancora un'anima. E forse, in quel silenzio irreale, possiamo ascoltarla meglio.