No, Beppe Sala non molla. Non si dimette. Lo dice chiaro e tondo nel suo primo intervento in Consiglio comunale da che è esplosa l'inchiesta sull'urbanistica meneghina. Nessun passo indietro, il sindaco di Milano si dice "oggi più che mai motivato a proseguire il mio incarico". Al contrario, arrivano le dimissioni di Giancarlo Tancredi, ormai ex assessore alla Rigenerazione urbana, per il quale la Procura ha chiesto gli arresti domiciliari. Dopo le dimissioni, Tancredi si è commosso, incassando l'applauso dell'aula.
Ma il punto, il focus, è ovviamente Beppe Sala. La decisione di non lasciare (e fino al Consiglio, la possibilità che si dimettesse era sul tappeto). Il sindaco si mostra combattivo, ingaggia subito un duello con Enrico Marcora, consigliere di Fratelli d'Italia, accusato per un post pubblicato negli ultimi giorni. Un affondo, quello di Sala, che incendia il clima in aula, tra urla e recriminazioni, tanto che si è sfiorata la possibilità di interrompere i lavori. Successivamente, Marcora ha replicato al primo cittadino, definendolo "un piccolo sindaco" e affermando che "deve rispondere alle nostre domande, non ai post". Il riferimento è ai cinque quesiti sottoposti da FdI a Sala proprio a ridosso del Consiglio.
In ogni caso, Sala ha spiegato di aver "pensato seriamente alla possibilità di non andare avanti". E ancora: "Se la maggioranza c'è, io ci sono", ha rimarcato, per poi citare un insegnamento del padre: "Fai quello che vuoi nella vita, ma ricordati che io ti guarderò e vorrò essere certo che starai facendo il tuo dovere fino in fondo".
Certo, il quadro per il sindaco resta molto complesso: dalla Procura si attendono sviluppi, insomma le dimissioni potrebbero anche semplicemente essere "slittate". E altrettanto certo, colpisce come Beppe Sala - espressione della sinistra milanese, in ogni caso uno dei volti di punta di quel Pd che, in verità, non lo ha mai amato troppo - abbia attaccato in modo neppur troppo velato la magistratura.
"Non possiamo tutti noi non essere d'accordo sul fatto che la giustizia e la politica debbano occuparsi di ambiti diversi e perché questa società funzioni bisogna farsi che questa distinzione ci sia. È per questo, nel momento in cui siamo, che la nostra risposta deve essere politica", ha scandito Beppe Sala. E ancora: "Non intendo dare giudizi sull'operato della magistratura. I media dicono che non era necessario informarmi. Lo capisco e lo accetto, ma perché la notizia dell'inchiesta è stata divulgata ai media?". "Chiedo ai mie colleghi politici: vi sta bene? Va bene che indagini riservate diventino pubbliche?", ha rimarcato. Insomma, non vuole giudicare l'operato della magistratura, ma un giudizio, in filigrana, in queste parole sembra esserci. Eccome.
Insomma, il bubbone-Milano cresce e Beppe Sala resiste. Almeno per ora. Ma lo stesso sindaco inizia a fare i conti con un modus operandi: si pensi alle notizie filtrate dalla Procura circa un bonifico con cui è stata finanziata la sua campagna elettorale emerse proprio a ridosso del Consiglio. Nulla di illecito, semplicemente "attenzionato" dai magistrati. Goccia dopo goccia, un po' come fu per Giovanni Toti, che tentò un'auto-difesa a oltranza prima di soccombere e dimettersi. Beppe Sala lo sta vivendo sulla sua pelle e inizia a menar fendenti, forse non poi così certo del fatto che il Pd sia poi così compatto attorno alla sua figura. Anche perché per il Pd, dar contro alla magistratura, è un "mestiere" complesso...