CATEGORIE

Beppe Sala si rimangia la parola e si incolla alla poltrona

Il sindaco di Milano torna dalle ferie e annuncia: "San Siro non si vende? Non mi dimetto". Ma ormai è tempo di lasciare
di Lorenzo Mottola giovedì 4 settembre 2025

2' di lettura

Lo avevamo lasciato mentre – con la posa solenne del Sant’Ambrogio ritratto nell’aula del Consiglio comunale di Milano - consegnava al mondo il suo ultimatum: “O si fa come dico io o mollo”. Schiena dritta, un sindaco di granito.

Peccato che questa linea sia durata come il classico gatto in tangenziale. Al ritorno dalle ferie Beppe Sala si è fatto decisamente più molliccio e dialogante. Ha annunciato che, anche se dovesse saltare la cessione di San Siro a Milan e Inter, non si dimetterà. «Se non si fa nulla andremo avanti, sarà un problema del prossimo sindaco», ha avuto il coraggio di dire. E pensare che proprio la questione stadio, più ancora dello stallo sui progetti edilizi, sembrava dovesse essere la linea del Piave della sua giunta, come aveva affermato a luglio nel suo famoso discorso sulla tempesta giudiziaria scoppiata sull’urbanistica, dopo le dimissioni del suo fedelissimo assessore, l’indagato Giancarlo Tancredi. Cancellare tutto dopo dieci anni di estenuanti dibattiti e trattative sarebbe a dir poco imbarazzante. Aveva detto il sindaco: «Dobbiamo, da settembre, riavviare il percorso consiliare relativo allo stadio, con l’obiettivo di rispettare i tempi che il progetto richiede. E molto altro ancora, che per brevità non cito ma che è nei miei pensieri.

Se su queste basi la maggioranza che mi sostiene c’è, e c’è coraggiosamente, con “responsabilità e cuore in antitesi a credere, obbedire, combattere” (come affermava Antonio Greppi), io ci sono».
Il problema è che “responsabilità e cuore” latitano e la maggioranza forse non c’è. Perché i Verdi sono contro il primo cittadino e in generale contro qualsiasi progetto che preveda di spostare una pietra o un ramoscello dal punto A al punto B nel territorio del Comune di Milano. E nel Pd c’è chi ormai si vergogna di far parte di questo sistema di potere. È successo quello che il governatore Occhiuto ha visto capitare nella sua Calabria: con inchieste in corso si paralizza tutto, il terrore di firmare la carta sbagliata blocca l’amministrazione. Solo che Occhiuto ha preso atto e si è dimesso, Sala inizia a odorare di Bostik, incollato alla poltrona.

Nessuno vuole mettere la faccia sui progetti avviati negli ultimi anni, chiaramente del tutto a prescindere dalla sensatezza del piano: è solo questione d’immagine. Il destino di Milano è quindi evidente, si spegneranno i motori, si lascerà la città ferma fino alle prossime elezioni. Uno scenario semplicemente intollerabile, che potrebbe costare miliardi alla città e al paese, in termini di investimenti perduti.Ha spiegato ieri Sala: «Io non mi arrendo facilmente di fronte alle difficoltà ma di fatto penso che un sindaco si debba dimettere se c’è una decisione che mina il funzionamento dell’amministrazione. Ad esempio se non viene approvato il bilancio un sindaco va a casa, ma di fronte a una cosa (ovvero dello stadio, ndr) del genere no». Belle parole. Un mese e mezzo fa sembrava pensarla in maniera diametralmente opposta.

tag
beppe sala
milano
san siro
inchiesta urbanistica
pd

Bagarre progressista Nichi Vendola, schiaffo al Pd: "Decidiamo noi le nostre liste"

La lettera Flotilla, Schlein scrive a Meloni: "Cosa farà per garantire la sicurezza?"

Primo cittadino Beppe Sala, clamorosa fuga da Milano: ecco cosa vuole "dribblare"

Ti potrebbero interessare

Nichi Vendola, schiaffo al Pd: "Decidiamo noi le nostre liste"

Elisa Calessi

Flotilla, Schlein scrive a Meloni: "Cosa farà per garantire la sicurezza?"

Beppe Sala, clamorosa fuga da Milano: ecco cosa vuole "dribblare"

Pd, il manifesto dei giovani dem: "Tajani ci fai schifo"