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Vittorio Feltri: "Perché la condanna di Cesare Battisti non mi convince", ribaltone clamoroso

di Giulio Bucchi domenica 20 gennaio 2019

3' di lettura

Caro giovane e brillante Alessandro Cantoni, conosco da anni Piero Sansonetti, con il quale spesso ho polemizzato, e ti posso garantire che è persona onesta e di certo in buona fede. Concordo con lui circa i dubbi su Cesare Battisti. Non sono sicuro che i processi contro il combattente filosovietico si siano svolti correttamente. Le prove della sua colpevolezza non mi convincono appieno. D' altronde a quasi quaranta anni dai fatti criminosi è difficile fare accertamenti, senza contare che le sentenze in giudicato, quindi inappellabili, non si possono contestare. Ma il punto a mio avviso è un altro. Che senso ha tanto can-can per la cattura d' un condannato a quattro ergastoli e latitante cronico, per lungo tempo beffatosi dello Stato Italiano? Fanno più scandalo una giustizia e gli apparati di sicurezza incapaci di riportarlo subito in patria. Viene voglia di dire che è stato più abile il "ladro" delle guardie impegnate a ricercarlo. Il fatto che costui sia stato preso soltanto ora dimostra la nostra tragica pistolaggine. Hai ragione tu quando ricostruisci il clima dell' epoca durante la quale la sinistra, in fondo, faceva il tifo per gli assassini comunisti, ritenendoli amici di famiglia. Anche Sansonetti in quel periodo frequentava i tinelli rossi. Ma da qui a trasformare Battisti nel simbolo dello scempio compiuto dai terroristi ce ne corre. Negli anni Settanta lavoravo al Corriere della Sera e ti garantisco che la redazione era a maggioranza marxista e simpatizzava per i pistoleros alla moda. Chi non indossava l' eskimo, ce lo aveva intorno al cervello. Non c' era verso di far ragionare certa gente che, quando il mio collega Walter Tobagi fu assassinato dai banditi leninisti, sorrisero compiaciuti. Ne fui testimone oculare. Certi sentimenti non erano in voga solo nel giornalone di via Solferino, bensì nell' intero Paese. Coloro che sparavano a presunti nemici borghesi erano talmente invasati da essere persuasi di interpretare la giustizia del proletariato. Imbecilli. Se è vero che Battisti è un criminale ovvio che debba scontare la pena inflittagli, però organizzare una specie di sagra a Ciampino per festeggiare il suo rientro in Italia in veste di detenuto mi sembra di cattivo gusto. Ora poi mi pare prevalga una sorta di spirito di vendetta in coloro che sono riusciti ad acchiappare il reo. Tant' è che costui, trasferito nella galera di Oristano, dovrà subire un supplemento assurdo di castigo dal sapore medievale: l' isolamento diurno. Il che significa che Cesare non avrà facoltà di parlare con nessuno durante il giorno, chiuso in una cella nella più totale solitudine. Di notte invece, quando la comunità carceraria presumibilmente dorme, il divieto di colloquio non ci sarà. Ma che razza di punizione è? Una variazione delle classiche torture? Manca solo, per completare l' opera, che ogni mattina a Battisti siano rifilati due calci in bocca. Una barbarie. Qualcosa di ripugnante che andrebbe immediatamente abolita. Invece nessun giurista, avvocato, giudice o politico, muove un ciglio davanti alla descritta violenza. Protestiamo noi e basta. È incivile trattare chi sta dietro le sbarre, a prescindere dai suoi peccati, quale essere da emarginare sia dalla società sia dalla popolazione prigioniera. Nessun uomo o donna va considerato come immondizia e mortificato. Ma i nostri governanti e coloro che li ispirano ignorano le più elementari regole della convivenza. Meriterebbero di provare la gattabuia. di Vittorio Feltri

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