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Paolo Becchi controcorrente: "Matteo Salvini, l'errore sui rom che rischia di pagare carissimo"

di Giulio Bucchi domenica 24 giugno 2018

3' di lettura

La recente proposta del ministro Salvini di provvedere ad un «censimento» della popolazione Rom in Italia, ha suscitato, come era presumibile, immediate polemiche, accuse di «razzismo» e l' immancabile reazione moralistica delle solite anime belle. Su queste non vale la pena di spendere parole. Vale la pena invece ricordare un precedente. Leggi anche: "Sui rom la pensano tutti come Salvini". Feltri gli risponde così Nel 2008, il governo Berlusconi - con ordinanza del presidente del Consiglio dei ministri n. 3676 del 30 maggio 2008 - delegò al prefetto di Roma compiti di monitoraggio dei campi nomadi esistenti sul territorio del Lazio, e di identificazione e censimento delle persone ivi presenti. L' ordinanza provocò la reazione del Parlamento Europeo, il quale approvò, il 10 luglio 2008, una risoluzione sul censimento dei Rom su base etnica in Italia, in cui esortava le autorità italiane ad astenersi dal procedere alla raccolta delle impronte digitali dei Rom, inclusi i minori, tenuto conto che ciò avrebbe costituito un atto di discriminazione diretta fondata sulla razza e sull' origine etnica, vietato dall' art. 14 della Cedu, nonché un atto di discriminazione tra i cittadini dell' Unione Europea di origine Rom e gli altri cittadini, ai quali non veniva richiesto di sottoporsi a tali procedure. Il governo si difese, allora, precisando in modo opportuno come tali misure non avessero ad oggetto la popolazione Rom, ma tutte le persone presenti nei «campi nomadi». Al di là degli interventi giurisprudenziali sul punto - mi riferisco a Tar Lazio, Sezione I, sentenza 24 giugno 2009, n. 6352; Consiglio di Stato, sentenza n. 6050/2011 - ciò che qui interessa è rilevare come tutti, e all' epoca lo stesso ministro Maroni, avevano ben chiaro che se il censimento fosse stato direttamente disposto nei confronti dei Rom (come oggi pare voglia fare Salvini), tale misura sarebbe stata palesemente discriminatoria: «Davanti alle polemiche di questi giorni - dichiarava allora Maroni - tengo a precisare di non aver mai disposto alcun censimento per i Rom, una misura di cui non ho mai parlato perché sarebbe su base etnica. Ho invece disposto un censimento per i campi nomadi». Appare chiaro, infatti, come un censimento disposto solo nei confronti della popolazione Rom discriminerebbe sulla sola base dell' etnia, e la discriminazione sarebbe dimostrata dal fatto che la normativa creerebbe una disparità di trattamento tra il Rom che sia cittadino italiano ed il cittadino italiano che non sia un Rom. E ciò è in aperta violazione del dettato costituzionale (art. 3). Possibile che Salvini non sappia queste cose, e insista almeno a parole nel suo progetto? Si ha quasi l' impressione che voglia comunque forzare le cose, nella sua tattica di voler ormai «seguire», a ogni costo, la «volontà popolare», anziché tentare di «convincerla» a seguire un progetto politico. Il «sovranismo» identitario deve partire dal riconoscimento delle diverse identità e non deve avere niente a che fare col razzismo. In questo caso non vale lo slogan «prima gli italiani», perché molti Rom tra l' altro sono italiani, e dire «purtroppo sono italiani» significa mettersi su una china molto scivolosa. Beninteso, questo non significa che si debba tollerare l' uso dei figli per mendicare e rubare o il rubare in generale, ma per la semplice ragione che questi usi violano le nostri leggi e se i Rom vogliono continuare a vivere nel nostro Paese devono seguire le nostre regole, come qualsiasi altro cittadino e se non lo fanno essere puniti, come qualsiasi altro cittadino. Salvini, a mio avviso, sta peccando di quello che Lenin chiamava «codismo»: dell' atteggiamento cioè di chi, si mette a «guardare il sedere delle masse», si mette in coda ad esse, lasciandosi trascinare dai loro malcontenti, dai loro istinti. Nell' immediato paga, ma solo nell' immediato. Se vuoi fare la rivoluzione, vale anche per quella «sovranista», devi guidare la massa, guardarle il culo non basta. di Paolo Becchi

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