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Vittorio Feltri risponde ad Alessandro Sallusti: "Carcere, l'obbligo morale che non può trascurare"

di Davide Locano giovedì 31 ottobre 2019

2' di lettura

Alessandro Sallusti, direttore del Giornale, risponde polemicamente al mio pezzo sull'ergastolo cosiddetto ostativo che prevede non solo la morte in carcere del detenuto, ma anche un trattamento disumano del medesimo. E questo modello carcerario è motivato dal fatto che se il prigioniero non si pente e non fa i nomi dei vecchi complici non merita pietà. La cosa ha un senso pratico. Infatti se la giustizia non è in grado di sconfiggere la mafia, per incapacità, ricatta i delinquenti così: o mi date una mano a distruggere i vostri compari o noi vi trattiamo a pesci in faccia, galera dura, isolamento, luce accesa persino di notte, manca solo qualche calcio nel culo a completamento delle torture ordinarie. Leggi anche: Lilli Gruber, insulti in radio contro Vittorio Feltri Forse Sallusti un po' giustizialista è rimasto, e trascura che la responsabilità penale è personale. Il che significa che se io, criminale comune o mafioso, commetto un reato, ne rispondo e quindi pago come altri cittadini non rispettosi dei codici. Non è scritto da nessuna parte della Costituzione che per essere un carcerato quale tutti gli altri io debba trasformarmi in delatore. Uccido un uomo o dieci? Eccomi qua, condannatemi come un qualsiasi delinquente, però non aggiungetemi un supplemento di pena perché ho risparmiato il coinvolgimento di un mio picciotto. Il diritto è ragionamento, non vendetta o convenienza. E va rispettato secondo le regole ispirate da Beccaria. La tortura non è ammessa in un consorzio civile. Chi compie un errore, più o meno grave, merita una sanzione congrua, e deve essere considerato alla stregua di chiunque abbia fallito. È sbagliato accanirsi su quelli della 'Ndrangheta perché non parlano. Infierire sui muti trascurando le loro colpe, e nella speranza che vuotino il sacco, è illegale e direi bestiale. Lo Stato che infligge ai malviventi pene accessorie finalizzate a farli cantare dimostra la propria debolezza e riconosce che le cosche sono imbattibili poiché più organizzate. Ed è destinato a perdere sempre. L'odio è un cattivo consigliere. P.s. Segnalo infine a Sallusti che incentivare le delazioni provoca fatalmente un fenomeno da non sottovalutare: i carcerati mafiosi pur di sfuggire ai rigori dell'ergastolo si predispongono a denunciare complici che tali non sono cosicché persone innocenti finiscono dietro le sbarre, alcune delle quali scontano anni di detenzione prima che si scopra la loro non colpevolezza. Questo non è un dettaglio che il direttore del Giornale possa trascurare allegramente. Il garantismo non è un vezzo, ma un obbligo morale. di Vittorio Feltri

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