L'affondo

Rita Dalla Chiesa contro le donne di sinistra: "Atteggiamento tribale, perché attaccano la Meloni"

Gianluca Veneziani

Lei, suo malgrado, di insulti se ne intende, avendone subiti di pesanti e ignominiosi relativamente alla figura di suo papà, il generale Carlo Alberto. E così Rita Dalla Chiesa, conduttrice tv e donna libera, può ben giudicare quanti e quante si permettono di offendere la Meloni, "colpevole" di non adeguarsi al pensiero di sinistra.

Dalla Chiesa, i carabinieri hanno eseguito una perquisizione domiciliare a carico di una persona che scriveva commenti pieni di odio nei confronti suoi e di suo padre. Perché tale accanimento contro un uomo simbolo della lotta alla mafia, 40 anni dopo la morte?
«È un accanimento che nasce spesso da frustrazioni. Ma in questo caso si aggiungeva la vigliacchiera di attaccare persone scomparse: l'individuo in questione se l'è presa contro mio padre, mia cognata e mio genero, dicendo frasi terribili come "un terrone di meno", "una terrona in meno". Penso che alla base ci sia idiozia, ma non vorrei che gli odiatori fossero persone vicine al mondo mafioso. E, in ogni caso, quando attaccano i tuoi affetti più intimi, bisogna sempre denunciare».
 

In questi giorni un'altra donna è stata bersagliata di insulti e accuse false sui social e in tv, cioè la Meloni. Come mai ad attaccarla sono perlopiù donne, dalla Boldrini alla Lucarelli fino alla filosofa Rosi Braidotti?
«Innanzitutto della Meloni la sinistra ha paura. Le cattiverie nei suoi confronti sono gratuite ma hanno anche una motivazione politica: la verità è che temono la sua crescita elettorale. Detto questo, andare sul personale è da vigliacchi.
Quanto alle donne, è l'ennesima dimostrazione che non sono capaci di fare squadra, di avere solidarietà di genere».

 



 

Dietro questi attacchi c'è solo odio ideologico o anche antropologico?
«Le donne di sinistra attaccano Giorgia perché vogliono far credere che una donna, se di destra, sia di serie B. Lo fanno sempre: ogni volta che in un talk show parla una donna che non segue il pensiero unico, le altre di sinistra fanno un sorrisetto di denigrazione per delegittimarla a priori. È un atteggiamento tribale che si somma allo snobismo, cioè alla convinzione infondata delle donne di sinistra di essere superiori».

Dietro questo apparente disprezzo non si cela piuttosto l'invidia, visto che la Meloni è oggi la politica più amata dagli italiani?
«Certo, sono ferocemente invidiose perché ora la Meloni riscuote la maggioranza dei consensi. E allora la presentano come un pericolo, dandole della fascista che non è».

Come commenta le parole dell'attrice Kasia Smutniak che definisce la Meloni «stupida, idiota, disumana»?
«Guardi, se io dicessi le stesse cose di una donna di sinistra, magari della Boldrini, smetterei di vivere: mi massacrerebbero sui social, non verrei più invitata ai programmi tv, verrei inondata da tonnellate di spazzatura. Guarda caso, nessuna donna di sinistra ha condannato queste parole: dove sono le donne che difendono le altre donne? In compenso, queste offese possono sortire l'effetto contrario: cioè attirare solidarietà e voti per la Meloni e far perdere credibilità alle donne che la attaccano».

Lei ha fatto un endorsement per la leader di Fdi definendola «una donna forte, coerente». È stata attaccata per queste frasi?
«Certo, anche io per la gente sono diventata omofoba, razzista... Roba ridicola. Hanno detto poi che parlavo a sostegno di Giorgia perché speravo di condurre una trasmissione. Invece è successo il contrario: sicuramente assumere certe po«Sicuramente non avrei potuto fare peggio della Raggi.... Ma non mi sono pentita. Semmai ho sbagliato a non accettare quando Berlusconi mi propose di candidarmi al Senato: lì avrei capito meglio i meccanismi della politica».

 

 

Come mai da 15 anni Roma viene amministrata in modo disastroso?
«Guardi, io respiro solo quando vado a Milano. A Roma, quando scendo in stazione, mi sembra di essere a Tunisi: c'è una kasbah, composta anche dagli stessi romani...».

Lei aveva appoggiato i referendum sulla giustizia. Perché hanno fallito?
«Erano quesiti complicati, c'è stata poca informazione, e poi le toghe hanno contribuito a fare in modo che la gente non andasse a votare».

Lei che ha condotto un programma ambientato in un tribunale tv, Forum, cosa farebbe per migliorare la giustizia?
«Vorrei che la politica non entrasse più nelle scelte dei giudici. Ma adotterei anche il modello Forum, coinvolgendo una giuria popolare nelle decisioni: il cittadino così non si sentirebbe escluso dalla giustizia. Magari al prossimo referendum inseriamo questo quesito... (sorride, ndr)».