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Francesca Riccitelli, la trans smaschera gli Lgbtq+: "Perché mi discriminano"

di Annalisa Terranova giovedì 29 maggio 2025

3' di lettura

Il 21 giugno per la prima volta un corteo dell’Abruzzo Pride sfilerà per le vie di Avezzano. Ma non si unirà al serpentone Francesca Riccitelli, transessuale che ha rotto con le associazioni Lgbtq+ di tendenza radicale che monopolizzano il dibattito su questi temi. Francesca ha fatto un video sulla sua pagina Fb per spiegare le ragioni per le quali non sfilerà al Pride: «Sono favorevole», dice nel video, «a un dialogo inclusivo anche con le persone che sono dubbiose su questi temi e che sia rivolto a tutte le forze politiche, un dialogo fondamentale per migliorare la vita delle persone omosessuali e transessuali che vivono nel territorio marsicano. Rifiuto ogni tipo di ostentazione. Il transfemminismo intersezionale è un’ideologia pericolosa». Francesca ha cominciato il suo percorso di transizione quattro anni fa, a 25 anni, è laureata in giurisprudenza, lavora in uno studio di consulenza legale e non ha subìto discriminazioni o violenze nella sua città. «Non dico che non vi sia il problema dell’omofobia», afferma, «ma non è certo un’emergenza come vogliono far credere. Io ho cercato e trovato un impiego senza problemi». Semmai a discriminare Francesca è stata l’associazione Lgbtq+ di cui era consigliera che l’ha messa alla porta senza tanti preamboli perché le sue idee non erano «compatibili». «Il problema è che non mi piacciono gli esibizionismi, e da allora sono diventata una “traditrice di classe”».

Quali sono i temi dell’Abruzzo Pride che non ti rappresentano?
«I temi che sono divisivi, ad esempio l’utero in affitto o la questione del cambio di genere sui documenti attraverso un’autodeterminazione senza bisogno di una diagnosi medica. Inoltre loro sostengono le terapie ormonali sui minori mentre io ritengo che un minore non ha la capacità psico-fisica e cognitiva per prendere decisioni così importanti e irreversibili per la sua vita. Infine nel volantino di Abruzzo Pride ci sono espressioni contro l’uomo bianco occidentale e contro il capitalismo che mostrano una saldatura tra estrema sinistra, wokismo e mondo Lgbtq+».

Francesca come ti definiresti politicamente?
«Io ho un orientamento liberale, seguo politici di zona che appartengono a Forza Italia o al partito di Calenda. Mi piace Luigi Marattin. Fondamentalmente sono una moderata, non amo i toni eccessivi e gli estremismi».

Ti senti in guerra col tuo mondo di provenienza?
«Per niente, mi infastidisce che portano avanti istanze che non rappresentano tutti ma loro dicono che rappresentano tutti. Io non sono un caso isolato.
Ci sono tante persone che la pensano come me ma stanno zitti perché temono l’isolamento o la condanna. E poi io non mi rivolgo solo agli Lgbtq+, mi piace il confronto con tutti. Pensa che mi hanno criticato anche perché sono andata alla presentazione di un libro organizzata da Nazione Futura. Ho preso il libro, me lo leggo. Forse sarò d’accordo, forse no. Funziona così. Senza pregiudizi».

Che ti hanno detto dopo l’annuncio che non parteciperai al corteo Pride?
«Se mi incontrano non mi salutano, ma questo già da tempo. Ma ho anche ricevuto attestati di solidarietà. Ragionare solo in termini di oppressi/oppressori è una cosa da marxisti. C’è una minoranza rumorosa che vorrebbe parlare in nostro nome ma io non mi sento oppressa e non delego a loro di parlare a nome mio».

Cosa pensi del ddl Zan?
«Mi lasciava perplessa perché andava a comprimere la libertà di espressione. C’è questa tendenza a dire che chi non è allineato va zittito. Le aggressioni nei confronti di omosessuali o transessuali sono già punite, si può ragionare sulle aggravanti però non tali da rendere alcune categorie più uguali rispetto alle altre o creare discriminazioni a rovescio».

Il diritto alla genitorialità esiste? E come si tutela?
«Il diritto alla genitorialità merita di essere tutelato, bisogna tener conto però dei diritti dei bambini e delle persone coinvolte nel processo di una nuova vita e il bambino ha diritto a crescere con la propria madre».

Se tu fossi un’atleta vorresti gareggiare con le altre donne?
«È un desiderio che comprendo ma ci sono dei dati di realtà. Le capacità fisiche sono differenti e quindi in relazione a questo tema io sarei molto cauta.
Non chiederei di fare gare femminili».

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