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Gli intellettuali rossi fanno la muffa (e scoprono che è gentile e progressista)

Chiara Valerio e la sua (surreale) intervista alla Stampa
di Giovanni Sallusti venerdì 22 agosto 2025

2' di lettura

Probabilmente parecchi di voi se la sono persa, ed è un gran peccato. Sì, perché l’intervista di Melissa Panarello (debuttante con l’erotico-furbetto Cento colpi di spazzola prima di andare a dormire, poi agente letterario e finalista allo Strega) a Chiara Valerio (la variante letteraria dello schleinismo, tendenza supercazzola, anch’essa finalista allo Strega, è tecnicamente una compagnia di giro), uscita su La Stampa, è un documento preziosissimo sulla parabola dell’intellettuale di sinistra, parlandone da vivo.

Da Marx alla muffa, dalla critica dell’economia politica alla nobilitazione bozzettistica del micelio, e vorremmo fosse un’iperbole. Tema della chiacchierata tra le due De Beauvoir 5.0 (perdonaci Simone): «Casa mia, dove acqua fredda e calda sono invertite». Deve essere sembrata un’immagine particolarmente rivoluzionaria a Chiara: lotta dura contro gli stereotipi binari delle doccia (per non parlare dello storico discriminato, il tiepido).

Gran parte del dialogo è infatti una fenomenologia dei luoghi e dei gusti casalinghi della Valerio, che pare sia il motivo per cui in tutta Italia sono state transennate le edicole, a protezione della folla di lettori interessati.

Apprendiamo così che «lo scorso anno ho abitato a Venezia 230 giorni, il resto a Roma e molto in albergo» e, ancora scossi dalla rivelazione, immaginiamo abbia «fatto cose visto gente» dappertutto. Comunque, il cuore della questione è che «quando prendo casa viene mio padre e ci mettiamo a fare dei lavoretti o lavorucci, e quando questi riguardano l’acqua, la fredda e la calda sono invertite».
Espletata la ribellione idrica, c’è da considerare un altro aspetto fondamentale: «Io odio le tende. Devo averlo mutuato da mia madre. Ha a che fare con la polvere. Le tende fanno polvere». Chiedi alla polvere, direbbe John Fante, ma era un altro genere, troppo irregolare.

Chiara Valerio, e le sue disquisizioni domestiche in particolare, incarnano invece perfettamente la regola dell’intellettuale “progressista” contemporaneo. Il quale è una mutazione ulteriore rispetto al radical-chic di wolfiana (nel senso di Tom) memoria. Il radical chic parlava ancora del mondo, seppur con una contraddizione plateale e tragicomica tra i proclami e la propria quotidianità. Costoro parlano del proprio ombelico, senza nemmeno più fingere di ricavarne considerazioni esterne: c’è solo quotidianità, anzi solo una quotidianità, la loro. Che, chissà perché, viene reputata notiziabile e letteraria in quanto tale.

Solo questa forma di minimalismo esasperato ed egotico, del resto, giustifica la seguente dissertazione sudi lei, la muffa: «Della casa di Venezia mi piace anche l’umidità. Se lasci qualcosa sul pavimento per dieci giorni, lo trovi coperto di muffa. Ma non una muffa cattiva, o spaventosa». No ci mancherebbe, quelle sono le muffe degli stabili proletari, signora mia, puzzolenti come chili abita. Qui trattasi di «una muffa gentile, come pratoline in un manto verde, come il blu del gorgonzola». Una muffa politicamente corretta, vien da dire. O piuttosto viene da allertare un’ambulanza. Che sarebbe poi il destino di chi accettasse un invito a cena a casa Valerio, specie in caso di menù a base di formaggio. Ma forse anche la scadenza è un pregiudizio borghese.

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