L'intervista rilasciata da Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss mafioso Totò Riina, nel podcast "Lo Sperone" ha scatenato un'unanime condanna dal mondo politico siciliano e nazionale. Trattato come una "rockstar" dal conduttore – che lo presenta come "il figlio di uno dei più grandi boss della storia italiana" e gli riserva "un applauso di benvenuto" –, Riina junior paragona la sua infanzia a quella dei bambini di Gaza: "Perché come i piccoli palestinesi da bimbo ho vissuto sempre come se fossi in perenne emergenza". Aggiunge: "Quando dovevamo scappare da un rifugio all’altro con papà, per me era come una festa perché conoscevo posti nuovi e gente nuova. Sono pure nato nella clinica Noto, la più famosa di Palermo, col nome e cognome di mio padre. E tutti lo sapevano".
Le dichiarazioni choc non si fermano qui. Riina esalta il padre: "Mio padre era un uomo con la U maiuscola… lui non ha mai ordinato l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo". Su Giovanni Falcone: "Quando l’hanno ammazzato, non dava più fastidio alla mafia o a Totò Riina, ma ad altri dietro le quinte". L'antimafia? "È un carrozzone composto da gente che ha bisogno di stare sotto i riflettori". Sulle origini dell'arresto del padre: "Arrestato – a suo dire – perché dava fastidio, cosi’ come a un certo punto hanno dato fastidio Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro, perché erano malati e non servivano più in quello stato a quelli che detenevano veramente il denaro della mafia". Sul "tesoro" paterno: "Mi chiedono continuamente dove si trova il tesoro di mio padre. Io so solo che lo hanno arrestato quando avevo 14 anni e non parlava con me di queste cose. Quando l’hanno preso ero in sala giochi con mio fratello. Negli anni hanno fatto tanti sequestri a mio padre. Se chiedete all’intelligenza artificiale, sommerà almeno un miliardo di euro. Ma io non ne so nulla ed è inutile che me lo continuino a chiedere".
Il conduttore prevede: "Ci sarà tanta gente che non sarà a favore di quello che diremo", ma Riina replica: "Questa è la democrazia, sempre nel rispetto delle persone". La reazione politica è stata immediata e corale. La presidente della Commissione Antimafia Chiara Colosimo (FdI) ha definito le parole "feroci e crudeli come la storia della sua famiglia": "Nessuna ricostruzione fantasiosa potrà mai trasformare dei boss mafiosi in presunti uomini da ammirare". Ribadisce: "Lo Stato ha vinto, loro hanno perso. Questa è una verità che nessuno mai potrà cancellare". Il sindaco di Palermo Roberto Lagalla parla di un'intervista che "equivale a riscrivere la storia in modo vigliacco e strumentale". Il presidente della Regione Siciliana Renato Schifani avverte: "La Sicilia non dimentica e non permetterà mai che si tenti di minimizzare la responsabilità di chi ha seminato morte e terrore nella nostra terra". Ancora più dura Carolina Varchi, Segretario di Presidenza della Camera e capogruppo FdI in Commissione Giustizia: "Quel podcast è fuorilegge e non può restare online: attiverò tutti i canali istituzionali per ottenerne la completa rimozione dal web".