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Telese e la Albanese? Fughe teatrali e censure: ecco la tattica della sinistra

Se per caso il dibattito è minimamente paritario ed equilibrato, oppure con interlocutori scomodi e non graditi, scatta l’exit strategy, nel senso letterale
di Daniele Capezzone mercoledì 8 ottobre 2025

3' di lettura

Prepariamoci, amici lettori. Da qui alle politiche del 2027 sarà un inferno, nelle piazze e sui teleschermi. Quanto alle piazze, abbiamo già visto abbastanza (e deve ancora essere presentata la legge di bilancio). Quanto ai teleschermi, il gioco della sinistra sarà quello di gridare furiosamente contro una (inesistente) “TeleMeloni”, mentre da tutte le parti, quasi senza eccezioni, avanzano conduttori riferibili alla sinistra e imperversano trasmissioni pregiudizialmente orientate da una sola parte. Tanto per dire, stasera esordisce sul Nove Massimo Giannini (auguri, ne sentivamo la mancanza). E sai come parte? Con un bel “dibattito” con Roberto Saviano e Fabio Fazio. Ancora una volta, se la suonano e se la cantano esclusivamente fra loro. Ormai è chiaro, alla sinistra televisiva piacciono solo tre format. Primo: il monologo, quando parla uno solo e quell’“uno” è un loro esponente. Secondo: il cenacolo (sempre fra loro), con tre-quattro ospiti tutti orientati nel medesimo senso. Terzo: il pestaggio, con un “destro” isolato portato davanti a un plotone di esecuzione formato da tre o quattro interlocutori ostili.

Ogni altro schema non è gradito. E anzi, come abbiamo visto con le poco brillanti fughe di Luca Telese e Francesca Albanese di domenica scorsa, se per caso il dibattito è minimamente paritario ed equilibrato, oppure con interlocutori scomodi e non graditi, scatta l’exit strategy, nel senso letterale dell’uscita precipitosa dallo studio televisivo. E allora portiamoci avanti con il lavoro, perché siamo solo all’inizio di una lunga maratona verso il peggio. Vi presento qui - così arriviamo preparati - i due nuovi giochini che sono in corso di preparazione nelle cucine della sinistra televisiva. Il primo attrezzo è per certi versi il più lampeggiante e psichedelico: la crisi isterica in diretta tv. Tecnicamente, stiamo parlando del cosiddetto acting out: una specifica modalità comportamentale raccomandata agli attivisti di alcune cause. Ad esempio: sono un ecoinvasato invitato ad una trasmissione, oppure uno studente protestatario (oppure un giornalista o un’attivista: e sono i casi di Telese e della Albanese), e, a un certo punto, mi accorgo di non avere argomenti per sostenere il dibattito. E allora faccio il pazzo, faccio una scenata, mi alzo e me ne vado (tanto il microfono è acceso e posso parlare, e sperabilmente il regista si affretterà a farmi seguire da una telecamera fino all’ultimo istante utile). La cosa tragicomica – e nemmeno se ne rendono conto – è che la stessa terminologia utilizzata (acting out, letteralmente passaggio all’atto) è tratta dal linguaggio psicopatologico, e indica l’improvvisa virata di un soggetto instabile verso azioni impulsive e aggressive. Avrebbe commentato il grande Totò: e abbiamo detto tutto.

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Il secondo attrezzo è un grande classico, la blacklist, cioè la lista nera di quelli che non devono parlare, che non devono essere invitati, o quelli con cui qualcuno precisa preventivamente di non voler discutere. Le gradazioni sono molte: centellinare o ridurre al minimo le presenze del soggetto sgradito, oppure escluderlo del tutto, oppure evitare di invitarlo se un interlocutore non ne “gradisce” la presenza. Si tratta - inutile girarci intorno - di una forma di censura, rozza e prepotente, ed è molto più praticata di quanto si creda. Da questo punto di vista (avviso al telespettatore), ogni volta che accendete la tv, non limitatevi a domandarvi come mai ci siano Tizio e Caio, ma soprattutto come mai non ci sia anche Sempronio. In genere, si tratta della domanda più interessante a cui cercare una risposta. P.s.: Dobbiamo chiedere in prestito agli amici della gloriosa Settimana Enigmistica la rubrica «L’angolo del buonumore». Prima segnalazione: il Partito Democratico dell’Abruzzo «esprime piena solidarietà a Luca Telese per gli insulti e le accuse infamanti ricevute durante la trasmissione Omnibus». Dicono i compagni abruzzesi che «il comportamento di Daniele Capezzone è stato inaccettabile». Quindi devo essere stato io e non Telese (intuisco) ad alzarmi minacciosamente, a raggiungere l’altro, a cercare il contatto fisico, a offendere, e infine ad andarmene. Fantastico. E tutto questo - chiariscono i piddini - fermo restando che «la libertà di opinione è un diritto fondamentale».

Certo: ma solo la loro libertà di opinione, mica quella degli altri. Seconda segnalazione. I rocciosi combattenti del Codacons hanno diffuso online una simpatica petizione dal titolo «Basta Capezzone in tv». L’obiettivo è escludermi dalle trasmissioni di ogni ordine e grado: ma, con un meraviglioso quanto involontario senso dell’umorismo, il Codacons precisa che «questa petizione non è un atto di censura». Che dire di tutto ciò? Chiamate gli infermieri. Robusti, però, mi raccomando, perché i pazienti sembrano agitatissimi.

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