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Il Vernacoliere "in pausa" dopo 40 anni di beffe feroci

di Claudia Osmetti sabato 18 ottobre 2025

3' di lettura

«Trampe è geloso! Dazzi anche su’ ‘azzi!». «Lavoro alle donne: riaprano i casini! Fanno parte della nostra civirtà». «Blizze nelle mense Caritas, poveri una sega! Trovata gente che mangiava anche senza la dentiera». Irriverente. Sfacciato, beffardo, spudorato, impertinente, spassoso come pochi, sarcastico come quasi nessuno, sguaiato ma mai volgare, irrispettoso e cascasse il mondo, si ribaltasse l’universo, venisse giù la galassia intera, neanche in una pagina ordinario. Il Vernacoliere. L’ultimo, immenso, baluardo di satira in un’era in cui da ridere c’è rimasto pochino.

Sempre lì, in edicola, in quella Toscana che non avrebbe potuto essere altrove, tutti catturati dalle sue civette inconfondibili, le scritte sopra le righe che ci sia: internet. È sulla sua pagina social che Il Vernacoliere spiega cosa accadrà (e accadrà che tra un mesetto basta, stop, niente più rivista iper-colorata, niente più Trojo, Maicòl, tata Luana, fine dell’indiano Fava di Lesso, epilogo di ogni cosa). «In attesa di tempi migliori. Che sarebbe a dire, vediamo se dopo di me ci potrà essere qualcosa oltre il diluvio».

Colpa dell’onorato servizio che, col tempo, logora anche i più zelanti talenti dalla penna mordace (sono 65 anni che Cardinali lavora nel ramo e 43 che stampa questo un mensile distribuito in Toscana e conosciuto, conosciutissimo, nel resto d’Italia), colpa della crisi della carta stampata («i giornali quasi più nessuno li legge, surclassati come sono dai social, coi telefonini a dettar legge ovunque, nuovi totem dell’indottrinamento di massa»), colpa del mondo moderno che non per questo è necessariamente anche lungimirante («le edicole continuano a chiudere a migliaia e quelle che resistono si son ridotte a rivendite di gadget, non esclusa l’idea di piazzarci un confessionale: a confessar la colpa di voler leggere ancora»). È un “addio” (tra virgolette, non tutto è perduto, ci si aggrappa alla speranza) che lascia l’amaro in bocca.

Il Vernacoliere che ha fatto incazzare, che ha fatto divertire, che anche fatto discutere; Il Vernacoliere che non le ha risparmiate a nessuno (ministri, presidenti, leader stranieri, pure pontefici: «Cià la ghigna proprio a tedesco, era meglio un papa pisano» quando è stato nominato Ratzinger); Il Vernacoliere che ha sbeffeggiato Berlusconi, Salvini, Meloni, Draghi, Conte, il centrodestra e il centrosinistra e l’ha sempre fatto con leggerezza e non con astio; Il Vernacoliere con quel chiodo fisso («la topa»: e noi signore eravamo le prime a farci una risata, perchè non c’è niente di più serio dell’autoironia e tutte quelle stronzate woke o politically correct sono arrivate dopo); Il Vernacoliere un po’ Il Male di Pino Zac (curiosa coincidenza: Il Male ha cessato le sue pubblicazioni nel 1982, lo stesso anno in cui Il Vernacoliere ha iniziato le sue sbucando dal periodico di controinformazione libertaria Livornocronaca), un po’ Amici Miei in versione cartacea e un po’ un toscanaccio Charlie Hebdo (più locale, più “provinciale”, più italiano - avrebbe detto Stanis La Rochelle di Boris/Occhi del cuore che con Il Vernacoliere non c’entra un piffero, pardon una fava, ma la scuola è evidentemente la stessa).

Una tiratura, nel momento d’oro, di 25mila copie a numero tra Toscana e scampoli di Umbria, Liguria, Lazio, Emilia, Lombardia, Piemonte e Veneto. Migliaia di abbonati che, adesso, sotto al post di Cardinali, non sanno più che dire. «Finisce un’epoca e questa notizia è molto triste. Non ci resta che ringraziare per questi anni meravigliosi di satira», scrive Stefania.

«L’augurio è che i tempi migliori arrivino a breve», aggiunge Emiliano. «Ci viene a mancare un caposaldo dell’ironia e dell’intelligenza», chiosa Claudia e ha ragione: perché alla fine sta tutto lì, in quella lezione, magistrale, che si può ridere di tutto, che si deve ridere di tutti, che credersi troppo sul serio è lo sbaglio più grosso che ci sia, che impertinenza non è sinonimo di arroganza, che una sana presa per i fondelli fa bene allo spirito e migliora la giornata. E che chi se la prende è un bischero.

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