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L’escalation di torture narrate dai “flotillanti”

Siamo partiti con le denunce per furto di sigarette e siamo arrivati a quelle per tortura, tra racconti splatter di pestaggi selvaggi, studiate torture psicologiche e tentativi di avvelenamento
di Lorenzo Mottola martedì 21 ottobre 2025

3' di lettura

Siamo partiti con le denunce per furto di sigarette e siamo arrivati a quelle per tortura, tra racconti splatter di pestaggi selvaggi, studiate torture psicologiche e tentativi di avvelenamento. La verità sui giorni di detenzione della Flotilla in Israele forse non la sapremo mai, in fin dei conti si tratta della parola di un gruppo di attivisti contro quella dei loro carcerieri, verso i quali, peraltro, i marinaretti pro-Pal ben prima dello sbarco non nutrivano sentimenti positivi. Prendiamo solo atto di come di giorno in giorno la faccenda si stia ingrossando in un’escalation narrativa all’Apocalypse Now. Abbiamo ascoltato deputati furibondi per il caffè che non arrivava e ci siamo ritrovati con cumuli di ossa frantumate di proposito. La faccenda sta sfuggendo di mano, finiremo a leggere di Greta trattata come una dei legionari romani catturati dopo la disfatta di Teutoburgo, incaprettata e immolata agli dei norreni da barbari in preda a convulsioni. Per aprire la serie, non si può non citare l’opera di Arturo Scotto, deputato Pd rientrato in Italia dopo poche ore e accolto come un eroe dall’intera comunità democratica per il suo presunto coraggio. L’onorevole ha detto di essere andato in caserma dai carabinieri per presentare denuncia contro Israele già all’atterraggio in Italia.

Reato ipotizzato: «Furto, mi hanno preso il telefono e la cosa che mi fa più rabbia è che mi abbiano fregato pure le sigarette: 8 pacchetti di Rothmans blu». Scotto è una furia. Mentre attendeva di lasciare Israele, l’ambasciatore italiano gli ha promesso un caffè e non è mai arrivato. Per non parlare dell’aria condizionata, che sui furgoni funzionava malissimo ed era rumorosissima: «La mettevano a palla, prima freddissima poi caldissima, veniva accesa e poi spenta continuamente la luce e veniva tenuto il motore acceso per fare più rumore». E poi ci sono stati questi ritardi nei trasporti, il servizio attorno alla Striscia è uno schifo. Va detto che Scotto è tra i “fortunati” della Flotilla, è stato rimpatriato dopo poche ore e con il suo grado potrebbe aver fatto un carcere da raccomandato. Per capire come è andata davvero forse è meglio rileggere i resoconti della manovalanza.

E qui si inizia a degenerare. Tanto per cominciare nelle denunce presentate l’ipotesi di reato cambia: «Sequestro di persona», parola di Yassine Lafram dell’Ucoii. Poi si passa alle condizioni di detenzione. L’aria condizionata in effetti c’era, ma solo nei furgoni e non nelle celle, che comunque erano piene di cimici. E non c’era acqua minerale: «Eravamo costretti a bere quella del rubinetto del bagno», hanno ripetuto in coro i flotillanti, «I militari bevevano dalle bottigliette e ridevano». E poi c’è la questione Greta, che secondo un reportage Lorenzo D’Agostino del Manifesto è stata «avvolta nella bandiera israeliana, come fosse un trofeo di guerra. L’hanno messa seduta in un angolo, un poliziotto le diceva che quello lì era uno special place for a special girl. Altri agenti le si sono messi intorno e si sono scattati dei selfie con Greta costretta dentro la bandiera». Da chiarire anche la storia dell’ex ministro turco, che aveva un braccio rotto ma non è stato medicato. Oggettivamente non bello. Tutti questi racconti sono stati pubblicati nei primi giorni di ottobre e in generale sono stati accolti con una certa freddezza dall’opinione pubblica.

E così ieri, per riportare il giusto pathos sulla vicenda, è arrivata la testimonianza del portavoce della Flotilla, Antonio La Piccirella. Innanzitutto l’ipotesi di reato diventa finalmente forte: «Tortura», meglio essere chiari. Poi la questione di Greta, che non è stata messa in un angolo ma «picchiata, trascinata a terra per i capelli, costretta a baciare la bandiera israeliana e poi avvolta nella stessa ed esibita come un trofeo, infliggendo gratuite e sadiche vessazioni». La questione dell’acqua minerale è secondaria, ci sono stati degli autentici tentativi di avvelenamento: è stato dato “cibo rancido”, con "pezzi di metallo nel pane". E il caso del ministro turco non è isolato né casuale. Non è solo lui, ma “ad alcuni attivisti è stato rotto un braccio”, ovviamente in seguito alle perquisizioni, eseguite “imprimendo una gratuita violenza fisica». Attendiamo con timore i racconti delle prossime settimane. Sarà un macello, mettete a letto i bambini.

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