Marco Travaglio ha detto una cosa giusta. Nell’editoriale di ieri il direttore del Fatto Quotidiano ha messo a confronto una frase di Vladimir Putin con alcune dichiarazioni di leader e generali occidentali: «Secondo i vertici Nato, “dobbiamo essere pronti alla guerra e a un livello di sofferenza come i nostri nonni e bisnonni: adottare una mentalità di guerra, perché il momento di agire è ora” (Rutte), anche con un “attacco preventivo alla Russia” (amm. Cavo Dragone). Per la Francia, “bisogna tornare ad accettare di perdere i propri ragazzi, di farsi male” (gen. Mandon). Per la Ue, “l’Europa deve prepararsi alla guerra con la Russia” (Von der Leyen e Kallas). Per i Servizi tedeschi, “non dobbiamo dormire sugli allori pensando che la Russia non attaccherà la Nato prima del 2029: siamo già nel vivo dell’azione” (Jager)». Lacrime e sangue, insomma. L’Occidente teme l’invasione e quindi corre alle armi. Mentre lo Zar pare una colombella: «È ridicolo pensare che la Russia attaccherà l’Europa, ho detto centinaia di volte che non abbiamo intenzione di combattere contro l’Europa: se volete lo metto per iscritto. Se però l’Europa decidesse di combattere contro di noi e lo facesse, saremmo pronti fin da ora. E potrebbe verificarsi molto rapidamente una situazione in cui non avremmo nessuno con cui negoziare.
Non come in Ucraina, dove stiamo agendo in modo chirurgico». Dice Travaglio che «ciascuno è libero di valutare l’attendibilità del Cremlino» e conclude che all’occidente per frenare certi eccessi servirebbe un esperto di comunicazione. Ed è questa la cosa giusta. Perché se ancora esiste ancora qualcuno che mette sullo stesso piano i due fronti e prende sul serio i comunicati e le promesse di pace del Cremlino significa che davvero abbiamo un problema. I russi avevano smentito categoricamente di volere la guerra negli stessi giorni in cui ammassavano la gran parte del proprio personale militare ai confini dell’Ucraina. Mentre 140mila soldati disegnavano le “Z” sui tank, il loro rappresentante alle Nazioni Unite annunciava ufficialmente di poter «escludere una invasione dell'Ucraina anche se i nostri negoziati sulla sicurezza europea e globale dovessero fallire». Quello all’Unione Europea invece dichiarava solennemente che «la Russia non ha in programma di invadere né l'Ucraina né altri paesi. È un bluff creato non in Russia, ma in quei paesi che ora stanno diffondendo questo messaggio isterico direi in tutta Europa e nel mondo». E ovviamente tanti scommettevano sulla buona fede di Mosca. Ne citiamo uno, Alessandro Di Battista: «La Russia non sta invadendo l'Ucraina. Poi, per carità, tutto può accadere ma credo che Putin (e non solo) tutto voglia fuorché una guerra». Intendiamoci, all’epoca quella di Dibba era opinione abbastanza comune.
Un’invasione sembrava troppo anche per uno come Putin, sebbene ci fosse già qualche avvisaglia sulla sua reale natura. Vlad si è sempre detto un sincero democratico nonostante la scia di avvelenamenti e morti misteriose tra i suoi avversari politici. E in qualche discorso aveva detto di rimpiangere Ghandi. Putin e Gandhi, farebbe già ridere così, se ci fosse da ridere. Insomma, la strategia comunicativa del presidente russo è un po’ quella degli alieni di quel film comico, Mars Attack, che avanzavano sparando agli umani e dicendo “veniamo in pace”. E come nel film, purtroppo qualcuno che abbocca lo si trova sempre.