«Si tratta di una guerra illegale, di un atto di aggressione provocato da Putin. Come organizzazione per i diritti umani ci stiamo concentrando sui crimini di guerra commessi dalle forze russe e stiamo lavorando con i governi per aiutarli a documentare le terribili atrocità commesse quotidianamente». Chi parla della guerra tra Russia ed Ucraina è Kerry Kennedy, figlia di Bob Kennedy e nipote dell'ex presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, intervenendo alla iniziativa “La terrazza della dolce vita” tenutasi di recente a Rimini nel parco Fellini del Grand Hotel. Dal 1981 la Kennedy è un'agguerrita attivista per i diritti umani avendo fondato nel 1988 il Robert F. Kennedy Center for Human Rights.
Kerry, ci sono già dei crimini che ha notato come Fondazione su cui poi procedure legalmente?
«Noi non abbiamo il compito di documentare i crimini che vengono commessi in guerra ma ciò che stiamo facendo è mettere a disposizione esperti di documentazione per aiutare il Tribunale e la Corte Penale Internazionale a ricostruire con precisione ciò che sta accadendo».
Oltre alla guerra in Ucraina si sta riaprendo il caso Cina-Taiwan con un ulteriore pericolo di una nuova. Cosa ne pensa?
«Ciò che sta accadendo a Taiwan penso sia estremamente pericoloso ed è un ulteriore esempio, qualora ce ne fosse bisogno, del perché diventi sempre più decisivo fermare i russi in Ucraina. Fermare i russi è un messaggio chiaro che non si permetterà ai Paesi che attaccano altre democrazie di farla franca e che la comunità internazionale sarà unita nell'impedire ai Paesi che invadono di uscirne indenni dopo aver aggredito militarmente uno Stato indipendente».
Sei la settima di undici figli di Ethel e Bobby Kennedy, e la vostra è sempre stata una famiglia molto unita. C'è un racconto un po' più intimo della tua infanzia, e di come questa ha influenzato la sua vita?
«Ho, come hai detto, 7 fratelli e 3 sorelle ed è fisiologico che, tra così tanti figli, ci siano state un po' di risse che mio padre ha sempre cercato di gestire al meglio. Ricordo che una volta stavo giocando alla seconda guerra mondiale sul nostro albero nel giardino di casa: mio fratello Michael interpretava gli americani ed io i tedeschi. Nel giardino di casa su di un albero avevamo costruito una casetta di legno dove Michael si era nascosto e io cercavo di salirci per conquistarla. Michael prendeva dei baccelli di magnolia, che a vederli sembrano granate ma quando ti colpiscono sono come sassi, e me li lanciava addosso. Quella volta, avevo forse 6 anni, ho preso un colpo di troppo e, saltando giù dall'albero, sono corsa nello studio di mio padre, con le lacrime che mi scendevano sul viso e il fiocco in testa tutto storto gridando: “Papà, Michael mi ha tirato dei baccelli di magnolia!”. Lui mi baciò e asciugò le lacrime dicendomi di andare a prendere Michael, così che io pensai che Giustizia sarebbe stata fatta. Andai a prendere mio fratello e lo riportai nello studio di mio padre e lui disse: “Ora Michael, stai in silenzio e Kerry raccontami tutto quello che è successo”. E io gli raccontai tutto nei minimi dettagli di questa orribile, per me, ingiustizia. Terminato di parlare papà mi disse: “Ora stai in silenzio e Michael raccontami tutto quello che è successo”. E ovviamente Michael aveva un resoconto molto diverso di ciò che era accaduto. Ascoltando Michael mi resi conto che io non avevo tutta la ragione e che lui non aveva tutti i torti. A quel punto papà ci fece riappacificare e ci fece andare in camera. Credo che la lezione per noi bambini sia stata la stessa che lui ha dato al nostro Paese. Dobbiamo smettere di pensare ai nostri avversari come a dei nemici e iniziare a considerarli come nostri fratelli e sorelle. Abbiamo bisogno di un sistema di giustizia in cui tutti abbiano fiducia. E la pace non è solo qualcosa per cui pregare o a cui pensare, è qualcosa che ognuno di noi può creare nella propria vita ogni giorno».
Il tema dei diritti umani è sempre stato centrale nella tua vita ed hai passato oltre due anni ad intervistare i principali difensori di questi in tutto il mondo. Tra questi chi ti ha emozionato maggiormente?
«Ho intervistato più di 50 difensori dei diritti umani alcuni molto conosciuti, come per esempio il Dalai Lama, e altri meno noti ma decisivo per l'umanità. Ho intervistato, per esempio, il vescovo Tutu, grande attivista contro l'apartheid del Sudafrica, che mi ha detto che non abbiamo un Dio che dice “Ah! Beccato!”. Abbiamo un Dio che ci rialza, ci spolvera e ci dice “Prova di nuovo.” Un'altra persona che ho intervistato e mi ha molto colpito è Elie Wiesel, che è sopravvissuto all'olocausto da bambino e ha detto: “Il mio sogno per il futuro è che i vostri figli non abbiano il mio passato”. Per me questi sono i cardini dei diritti umani: da un lato cercare di fermare le atrocità, dall'altro avere la più profonda fiducia nel trionfo dello spirito umano anche nelle peggiori circostanze».
Da questo libro sono nati anche dei corsi per giovani ragazzi che vengono seguiti in Italia e anche in tutto il mondo. Può raccontare un programma di una lezione?
«Le lezioni vengono svolte nelle scuole di tutto il mondo, anche in ogni provincia di ogni regione d'Italia. Qui da voi, in particolare, abbiamo la Robert F. Kennedy Human Rights Italia, che si rivolge sia alle scuole che a un nuovo programma online accessibile a tutti gli insegnanti. Lo facciamo in concomitanza con la nuova legge sull'educazione civica, quindi è davvero integrato in tutte le scuole. Ogni piano di lezione è composto da tre parti: la prima è la conoscenza dei diritti umani, la seconda è la comprensione delle emozioni sociali e la capacità di identificare, ad esempio, la differenza tra rabbia, gelosia, indignazione, e di sentirsi sicuri di poter rispondere a queste cose senza perdere il controllo delle proprie emozioni. La terza parte è la creazione di un cambiamento nella comunità».
Mi puoi fare un esempio?
«Abbiamo avuto una scuola in Calabria dove gli studenti hanno imparato a conoscere i diritti umani e dell'ambiente. Come progetto finale, gli studenti di 16 e 17 anni hanno realizzato un progetto sul riciclaggio. Sono andati al bistrot locale e hanno comprato un giornale e una coca cola, e hanno scattato delle foto mentre la compravano, la bevevano e poi la gettavano nel bidone del riciclaggio. Poi hanno fotografato il camion del riciclaggio che raccoglieva il giornale e la coca cola, quindi sono saliti sulle loro biciclette e hanno seguito il camion per tutta la città raccogliendo tutti i prodotti riciclati. Hanno seguito il camion fino alla discarica e hanno fotografato il camion del riciclaggio che scaricava tutti i prodotti riciclati proprio sopra il resto della spazzatura. Quindi hanno preso quelle foto e le hanno portate al giornale locale, che le ha messe in prima pagina. Poi sono andati dal sindaco e gli hanno detto: “Cosa farai?” e lui ha disdetto il contratto con l'azienda che si occupava dei rifiuti. Questo dimostra agli studenti che ognuno di loro è in grado di fare la differenza e che possono cambiare la società e avere un ruolo decisivo in questa».
Prima la pandemia, poi la guerra tra Russia ed Ucraina ed ora la minaccia per Taiwan. C'è qualcosa che ti da speranza per il futuro?
«Ciò che mi dà speranza è che quando ho iniziato a lavorare nel campo dei diritti umani, all'inizio degli anni '80, tutta l'America Latina era sottoposta a dittature militari, tutta l'Europa dell'Est era sotto il comunismo, il Sudafrica era sotto l'apartheid e i diritti delle donne non erano all'ordine del giorno. Oggi, in America Latina c'è la democrazia più o meno in tutti i Paesi, non ci sono più dittature militari di destra. In Europa dell'Est non c'è più comunismo. Il Sudafrica ha avuto un governo liberamente eletto dalla maggioranza del suo popolo e i diritti delle donne sono al centro dell'agenda internazionale. Tutti questi cambiamenti sono avvenuti non perché lo volessero i governi o i militari. I governi, i militari e le grandi multinazionali hanno cercato di fermarli. Sono avvenuti tutti perché piccoli gruppi di persone determinate hanno colto il sogno della libertà e lo hanno realizzato. Questa è stata la più grande fonte di cambiamenti rivoluzionari in tutto il mondo durante la nostra vita. Oggi possiamo cogliere lo stesso desiderio di libertà e di democrazia per abbattere i più grandi muri dell'oppressione e della resistenza».