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Putin smascherato dagli "esiliati": i veri numeri di un anno di massacri

di Matteo Legnani sabato 25 febbraio 2023

Vladimir Putin

3' di lettura

Esattamente un anno fa, prima dell’alba del 24 febbraio 2022, circa 190mila soldati delle forze armate russe valicarono il confine ucraino in tre diversi trasformando in un conflitto vero e proprio la guerra sotterranea che i due Paesi stavano combattendo da anni per il controllo di alcune regioni sud-orientali dell’Ucraina, prima fra tutte il Donbass. Chi pensava che la ex Armata rossa avrebbe spazzato via le truppe di Kiev nel giro di poche settimane o pochi mesi non aveva previsto l’invio in Ucraina di ingenti aiuti economici e militari da parte della Nato. Le perdite di Mosca sono state fin da subito ingentissime, come mostra un grafico del quotidiano online The Moscow Times. Al punto che Putin si è trovato costretto a dare mano libera a milizie private come il Gruppo Wagner e a ricorrere alla coscrizione obbligatoria per circa 300mila russi, oltre che all'arruolamento dei detenuti nelle carceri russe.

VERITÀ E PROPAGANDA
3,000 2,500 2,000 1,500 1,000 500 Le cifre sull’entità effettiva di quelle perdite sono tutt’altro che certe e variano sensibilmente a seconda delle fonti da cui arrivano: trascurando il dato ufficiale russo, che è fermo dallo scorso settembre all'inverosimile quota di seimila caduti, le stime fornite da fonti non governative di Mosca parlano di 14.709 morti al 17 febbraio scorso, mentre secondo fonti militari ucraine sarebbero 144.270 i soldati nemici caduti sul campo al 20 febbraio. Un dato, quest’ultimo, inferiore a quello formulato dagli osservatori occidentali secondo cui le vittime russe del conflitto sarebbero circa 180mila Il conflitto ha avuto un impatto devastante sulla popolazione civile ucraina, che è stata bersaglio di attacchi sia da terra sia dall'aria. Mariupol, Kherson e Bakhmut, tre città pressochè sconosciute al di fuori del Paese fino a un anno fa, sono tristemente finite sui giornali e sulle tv di tutto il mondo per l'asprezza dei combattimenti che visi sono svolti. Le Nazioni Unite hanno confermato che al 21 febbraio 8.006 cittadini ucraini sono stati uccisi e che altri 13.287 feriti. Tra i morti si contano anche 487 bambini.

La stima della polizia nazionale ucraina è assai più alta, visto che parla di ben 16.502 vittime civili senza contare quelle di Mariupol, città che è stata ridotta in macerie al punto da rendere impossibile una conta verosimile dei caduti. Altre fonti occidentali citate dal Moscow Times parlano di 30-40mila vittime tra i civili ucraini. La reazione all’invasione russa è stata ed è sia militare sia economica. La comunità internazionale (con alcune macroscopiche eccezioni rappresentate dalla Cina e dall’India) ha sensibilmente ridotto le importazioni di gas e petrolio dalla Russia e imposto sanzioni tanto al Paese quanto a singole aziende e personaggiinfluenti della nomenclatura di Mosca. Un team di esperti dell’università americana di Yale ha calcolato inoltre che più di un migliaio di compagnie (aziende e banche) occidentali hanno boicottato la Russia dopo lo scoppio della guerra, interrompendo ogni rapporto con l'invasore: 287 di queste hanno sede negli Stati Uniti, 87 nel Regno Unito e 71 in Germania.

CROLLO DEMOGRAFICO
Il boicottaggio ha posto fine a quasi tre decenni di crescenti investimenti esteri nel Paese, che è ora alle prese con difficoltà di approvvigionamento e produzione, queste ultime legate anche a un declino demografico conseguenza di cause diverse: le morti causate dall’epidemia di Covid e quelle conseguenti alla guerra, ma anche la fuga all'estero di circa 700mila cittadini russi intenzionati a evadere la leva obbligatoria e la mobilitazione varata dal presidente Putin nello scorso autunno. Stati come Georgia, Kazakhstan e Serbia ne hanno accolti, ciascuno, almeno 100mila. Mentre si contano in circa 8 milioni gli ucraini che sono scappati dalla guerra lasciando il loro Paese. Chi è rimasto in Russia è stato testimone della peggiore ondata di repressione vista nella storia moderna del Paese, che ha visto 200mila siti web oscurati, 21mila attivisti arrestati e centinaia di processi avviati in seguito a violazioni della censura imposta con la guerra, tra i quali 133 per la diffusione di fake news, 42 per discredito dei militari, 29 per terrorismo verbale. 

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