Cosa rappresentano le automobili elettriche nel futuro sbiadito degl’italiani? Un’utopia luminosa ad alto costo? Una piccola rivoluzione ma antipatica, antieconomica e antindustriale? Una sòla micidiale? Probabilmente un mix di tutto questo. I consumatori d’automotive, secondo un sondaggio Swg, sono implacabili. Capita infatti che il Parlamento Europeo approvi lo stop alla vendita di auto e veicoli commerciali leggeri a benzina, diesel e con motori a combustione interna a partire dal 2035. Ma dire che gli italiani non l’abbiano presa bene, be’, è un eufemismo. «Se, da un lato, un intervistato su tre è favorevole a questa misura, il 45% si dichiara contrario: se l’obiettivo è quello di salvaguardare l’ambiente, in realtà le automobili elettriche non miglioreranno la situazione, in quanto non sono considerate poi così green», recita il sondaggio suddetto.
SHARING SOLENNE
E indica tra i favorevoli all’auto elettrica –ovviamente- la fascia 18-24enni, ossia la generazione che non guida o guida auto solennemente in sharing. E qui possiamo capire il sentiment che attraversa la nuova normativa. La misura fa parte dell’ambizioso piano di azione contro il cambiamento climatico Fit for 55 composto da tredici lodevoli iniziative politiche che «puntano a ridurre le emissioni di Co2 dell'Unione europea del 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050». Epperò, riguardo il provvedimento, l’opposizione della gente comune è salda e costruita su obiezioni ben articolate. Una è che alle aziende viene infatti richiesto un grosso sforzo in termini di investimenti per adeguare la produzione: costi che inevitabilmente andranno a ripercuotersi sul prezzo finale dei veicoli. L’altra è che molte sono le perplessità fondate soprattutto sul saldo tra i costi da sostenere e il reale beneficio dal punto di vista ecologico. Cioè il 59% degli intervistati afferma che «le auto elettriche non sono in realtà così green e sono molto più care» (55%); e che le case automobilistiche dovranno sostenere costi troppo elevati per adattarsi (52%); e senza considerare che l’elettrico è da sempre un mercato d’elite.
Sul piano della tempistica invece il termine del 2035 è ritenuto adeguato affinché l’industria acquisisca il know-how e le infrastrutture necessarie (50%). Certo, un «rispondente su due si dichiara propenso ad acquistare un’auto elettrica». Ma, nella pratica, prevale la convinzione che siano maggiori e innegabili le “barriere d’acquisto”. Ossia: i costi assai elevati (67%) delle vetture; la scarsa durata delle batterie (51% con tempi di ricarica troppo lunghi, al 49%), la carenza di colonnine per la ricarica (44%). Circola, in soldoni, tra la gente più scetticismo che entusiasmo. La norma europea, assai complicata, in realtà stabilisce, nello specifico che «dal 2035 in tutta l'Unione europea si potranno vendere solo auto e furgoni a emissioni zero», quindi con motori 100% elettrici o a idrogeno. L’idrogeno che è un altro mondo. L’idrogeno che è molto pulito e rispettoso dell’ambiente; ma, rispetto all’elettrico, ma è caro come il platino. E poco consola sapere che è previsto un emendamento alle norme, detto «Salva Ferrari»: una deroga per i piccoli produttori di auto e furgoni (da 1000 a 10mila l’anno) fino al 2036 per salvare l’italianità e tutelare la motor valley dell’Emilia-Romagna, in particolare Ferrari e Lamborghini. Poi c’è tutto il tema della filiera del litio, appannaggio per la gran parte della Cina che con l’India continua ad inquinare fottendosene di tutti i protocolli ecologici firmati in Occidente.
RISCHIO MICROCHIP
E qui il rischio è di diventare dipendenti da microchip, cobalto e litio del Dragone come prima, col gas e col petrolio, lo eravamo degli arabi e dell’Orso russo. Poi c’è solito discorso dell’assalto alla nostra vocazione manifatturiera; e dell’ «Europa che sabota l’industria europea dell’automotive» comprensiva dei posti di lavoro e della creatività italiana (13 milioni da rischio, solo 120mila in Italia). I consumatori non entrano nei dettagli perché non li conoscono, ma intuiscono che sotto sotto c’è la fregatura...
Il bilancio delle devastanti inondazioni causate dalla tempesta che ha colpito il Texas centrale sale ad almeno 51 morti. Ventisette i dispersi.Il dato ufficiale fornito dalle autorità parla ancora di 43 vittime ed è probabile aumenti nella zona più colpita della contea di Kerr. Sempre le autorità sabato in una conferenza stampa hanno dichiarato che 15 delle vittime erano bambini. Il governatore Greg Abbott ha promesso che le squadre avrebbero lavorato 24 ore su 24 per soccorrere e recuperare le vittime. Ancora da ufficializzare il numero delle persone disperse, a parte 27 bambine che si trovavano in un campo estivo femminile.