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Nucleare, Italia costretta a farlo all'estero

di Antonio Castro mercoledì 15 marzo 2023

3' di lettura

La crisi energetica innescata dal conflitto alle porte d’Europa tra Ucraina e Russia sembra non aver insegnato molto. Almeno a casa nostra. Mentre Gran Bretagna, Francia e pure Germania in qualche modo hanno rimesso a pieni regime le vecchiotte centrali nuclari (in alcuni casi anche di 30/40 annidi età), da noi invece basta la parola “atomo” accostato a Italia per innescare un putiferio politico. Il famoso referendum del 1987 ha seppellito qualsiasi velleità di costruire da noi reattori per arrivare all’indipendenza energetica. Quantomeno per variare il mix della dipendenza dall’import. Il paradosso è che intorno alle Alpi sorge una corona di centrali di prima o seconda generazione e nessuno si sogna di spegnerle. Metterle in sicurezza sì, ovviamente (la Francia ha lavorato a testa bassa in piena pandemia e a inizio conflitto proprio per questo scopo). La Germania ha prolungato il funzionamento. Idem Londra.

Oltre confine, insomma, si guarda al futuro energetico. Stadi fatto che il nucleare continua ad attrarre le aziende energetiche italiane. Piace- e tanto quello di “quarta generazione”. E così si allarga la pattuglia di aziende italiane che si lancia nel settore. Ieri Ansaldo Energia, Ansaldo Nucleare, Edf e Edison hanno fatto sapere di «aver sottoscritto una Lettera di Intenti (Loi), per collaborare allo sviluppo del nuovo nucleare in Europa». La nota del colosso energetico italiano sarebbe rimasta relegata nelle pagine economiche se non fosse per un passaggio: l’intento dell’accorso in proiezione è teso a «favorirne la diffusione, in prospettiva anche in Italia». Per il momento ci sono da valorizzare «le competenze della filiera nucleare italiana, di cui Ansaldo Nucleare e capofila, a supporto dello sviluppo dei progetti di nuovo nucleare del Gruppo Edf». Si parla di studiare le «potenziali cooperazioni industriali, facendo leva sulle rispettive competenze».

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TECNOLOGIA MADE IN ITALY

Ansaldo svilupperà i componenti e fornirà i servizi per l’industria energetica enucleare; Edf, che guarda caso è il primo produttore di energia nucleare al mondo, si concentrerà «nella realizzazione di nuovi progetti nucleari basati sul proprio portafoglio di tecnologie, come (i) gli small modular reactor (Smr) NuwardTM. «Il nucleare di quarta generazione», mette le mani avanti il ministro Gilberto Pichetto Frantin, rispondendo al question time del Senato, «una delle tecnologie da tenere in considerazione per affrancarsi dalla dipendenza dai combustibili fossili, e molto probabilmente costruirà un vettore tecnologico di transizione propedeutico all’approccio finale alla fusione nucleare».

Insomma, non si può restarne ideologicamente fuori. Sempre ieri un altro colosso italiano dell’energia, Enel, ha annunciato un progetto per lo sfruttamento ai fini energetici delle scorie. La società guidata da Francesco Starace Enel e la società di tecnologie nucleari pulite “Newcleo” hanno firmato un Accordo di Cooperazione in base al quale perseguiranno l’opportunita di lavorare insieme sui progetti di tecnologia nucleare di quarta generazione. L’intento è di fornire una fonte di energia sicura e stabile, «nonché ridurre significativamente gli esistenti volumi di scorie radioattive, attraverso il loro utilizzo come combustibile per reattori».

L’intesa prevede che Enel possa diventare «primo investitore che la società costruirà all’estero», presumibilmente in Francia. Enel collaborerà «su progetti legati alla tecnologia nucleare, fornendo competenze specialistiche attraverso la condivisione di personale qualificato dell’azienda. Newcleo intende realizzare reattori nucleari veloci al piombo».

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LE RINNOVABILI NON BASTANO

Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, commentando con l’agenzia Gea, le ultime notizie sulle scelte nucleari dei partner europei offre una riflessione: «Se esiste una emergenza climatica non possiamo fare a meno del nucleare, le rinnovabili da sole non potranno mai sostituire interamente i fossili, a meno che non vogliamo tornare nel medioevo». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e Duferco: la siderurgia italiana, assicura, «è già vicina all’obiettivo di arrivare al 2030, ben prima del 2055, ad essere il primo Paese con una produzione tutta green dell’acciaio». Le rinnovabili però, spiega, «non bastano. Servirà la cattura di Co2 e il nucleare, micro reattori, per i quali saranno necessari una ventina di anni per raggiungere l’obiettivo». 

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