Giuseppe Conte
Qualcuno oggi dirà che le truffe miliardarie smascherate ieri dalla Gdf con il Superbonus non c’entrano. Con buona pace di Giuseppe Conte, però, che martedì scorso era in piazza a Roma al fianco dei cosiddetti “esodati” del sussidio promettendo battaglia dura per far ripartire la cuccagna, c’entrano eccome. Certo, gran parte dei soldi sottratti all’erario riguardano altre pratiche edilizie, in particolare l’ecobonus e il bonus facciate, su cui pesano meno vincoli e controlli rispetto al 110%. Ma la sostanza non cambia di una virgola: sotto accusa c’è sempre quella cessione del credito repentinamente bloccata dal governo per evitare un effetto valanga sui conti pubblici. Sentite cosa dice l’Ufficio parlamentare di bilancio nella sua ultima audizione alla Camera: «A partire dalla legge di bilancio per il 2020, sono stati progressivamente introdotti provvedimenti che hanno reso equivalenti alcune di queste detrazioni a una forma diretta di spesa, con un incentivo che è stato portato a un valore prossimo o superiore alla spesa complessiva e con il potenziamento delle misure di cedibilità del credito di imposta. Ne è conseguito un significativo ampliamento della platea dei beneficiari sia per l’aumentata convenienza sia per l’inclusione dei soggetti non capienti o con problemi di liquidità».
RAGGIRI
Il risultato, oltre a quello di gonfiare a dismisura gli effetti sui conti pubblici (circa 120 miliardi), a fronte di un aiuto al Pil quantificato in circa 18 miliardi spalmati su due anni, è stato di aver alimentato una quantità di truffe mai viste neanche in un Paese come l’Italia, dove il raggiro è il pane quotidiano. A inizio marzo il direttore dell’Agenzia delle entrate Ernesto Maria Ruffini ha spiegato che l’ammontare complessivo di crediti di imposta irregolari ammonta a 9 miliardi, di cui circa 3,6 miliardi oggetto di sequestro. Ecco, da oggi i conti vanno rifatti. La Guardia di Finanza di Avellino e di Napoli, nell'ambito di un'indagine coordinata dalla Procura di Avellino, ha infatti scoperto una rete di truffatori che, utilizzando prevalentemente prestanome, tra cui senza fissa dimora, percettori di reddito di cittadinanza, persone decedute o con precedenti penali, aveva creato un numero imprecisato di imprese inesistenti per riscuotere crediti di imposta fittizi per la bellezza di 2,8 miliardi di euro, di cui 1,7 miliardi già finiti sotto sequestro. L’operazione ha fatto scattare perquisizioni nelle province di Napoli, Avellino, Salerno, Milano, Lodi, Torino, Pisa, Modena e Ferrara nei confronti di 21 indagati per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato.
COMUNI FANTASMA
«Non si può parlare di imprenditori, dato che le società esistevano soltanto sulla carta e in qualche caso erano da tempo non operative», sottolinea il comandante provinciale della Guardia di Finanza di Avellino, Salvatore Minale. Ma neanche gli immobili erano tali (le particelle catastali corrispondevano a cespiti inesistenti). E in alcuni casi erano di fantasia persino i comuni dove si sarebbero dovuti realizzare i lavori. Malgrado questo l'organizzazione nel corso degli ultimi mesi e su base quotidiana ha inviato alla Agenzia delle Entrate un elevatissimo numero di comunicazioni di cessione del credito di imposta. Il meccanismo diabolico per cui ora Conte si batte il petto.
Ma non è tutto. Sempre ieri, infatti, un’altra indagine, condotta questa volta dalla procura di Asti, ha portato all’emissione di dieci ordinanze di custodia cautelare in diverse regioni e ad un sequestro di ulteriori 1,5 miliardi di finti crediti di imposta. Il che farebbe salire il conto complessivo delle truffe sui bonus selvaggi legati all’edilizia ad oltre 13 miliardi. L’inchiesta, denominata “Capisci Amme”, ruotava intorno ad un commercialista con studio al Vomero di Napoli e ad un cittadino albanese, con studio a Schio, in provincia di Vicenza. Chissà, magari martedì erano anche loro in piazza a protestare insieme ai Cinquestelle per l’inopinato blocco del governo.