Qualcosa non torna, nel comportamento della nave Open Arms. Il tema è il salvataggio di un barchino di migranti effettuato nell’agosto 2019 nel Mediterraneo. Vicenda al centro del processo che vede imputato, a Palermo, il vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini, all’epoca dei fatti ministro dell’Interno. A cui vengono contestati sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, per aver dato lo stop allo sbarco in Italia dei migranti che la nave ong aveva accolto. Ebbene, alcuni elementi emersi nell’udienza di venerdì, che si è svolta nell’aula bunker dell’Ucciardone, sollevano molti interrogativi circa i movimenti della Ong.
Uno, fondamentale, si ricava dalle testimonianze di Renato Megazzù e Dario Megna, consulenti dei Pm. I due esperti, secondo quanto riferito da fonti vicine a Salvini, hanno chiarito che il barcone su cui la Ong è intervenuta non stava imbarcando acqua. E però la nave dell’organizzazione, il 1 agosto con una mail, denunciava l’esatto contrario. E lo stesso veniva annotato sul diario di bordo: «l’imbarcazione di legno sta imbarcando acqua», c’era scritto. Dunque tutto ciò, osservano nell’inner circle di Salvini, «non era vero. Parola di consulente dell’accusa». È un dato certamente rilevante, perché configurerebbe la descrizione, da parte della Ong, di una particolare emergenza che invece non c’era. Poi c’è un altro dato, e risiede nella testimonianza del Capitano di Corvetta Stefano Oliva, comandante del sommergibile che il 1 agosto 2019 intercettò la Open Arms, poi la seguì e la monitorò per 17 ore. Sulla nave ong, spiega Oliva, «ci siamo imbattuti casualmente. Era fra le imbarcazioni monitorate con periscopio, sonar, radar, con tutti i sensori a bordo. Non ci era mai stata segnalata prima della notte del 1 agosto. L’abbiamo segnalata alla nostra centrale operativa sommergibili».
IL SOMMERGIBILE
Da lì, la seguono per 50 miglia. Ad un certo punto, però, la Open arms cambia rotta ed aumenta velocità. Il capitano spiega che era più veloce del sommergibile, «tanto che siamo arrivati sul luogo del soccorso quando erano già iniziate le operazioni di trasbordo dei migranti». Sull’aumento repentino di andatura, ha detto Oliva, «non ci tornava che Open Arms dal pattugliare a 4 nodi improvvisamente si dirigeva verso Ovest a una velocità sostenuta. Siamo andati a investigare questo comportamento e a cosa fosse dovuto. Abbiamo fatto riprese fotografiche video e audio con il telescopio e antenna di comunicazione. Il sottomarino ha semplicemente captato la comunicazione in lingua spagnola e l’abbiamo inviata alla nostra centrale operativa senza alcuna analisi».
Peraltro, sulla presenza del sommergibile, Open Arms ha presentato un esposto contro l’equipaggio per omissione di soccorso. Oliva però, sul mancato intervento ha spiegato: «un sottomarino non è un mezzo idoneo per fare questi soccorsi, in condizioni di necessità indifferibile, il sottomarino deve riferire alla centrale per effettuare un soccorso. Se c’è gente in acqua può emergere e dare i gonfiabili». Quanto allo svolgimento del salvataggio di Open Arms, «si è avvicinata e ha messo la scaletta e fatto salire tutti a bordo dal barcone al gommone e poi dai gommoni alla nave. E prima di fare questo salvataggio hanno consegnato i giubbotti salvagente».
LA SPONDA AGLI SCAFISTI
Gli elementi raccolti dal sottomarino, assieme ad altro materiale che comprende le chiamate di Alarm Phone, i rilevamenti aerei, hanno fatto parte di una perizia della difesa di Matteo Salvini, svolta da due consulenti, Maurizio Palmesi e Massimo Finelli, ex ufficiali della Marina Militare. La ricostruzione effettuata consente di sostenere la tesi secondo cui quello di Open Arms non sarebbe stato un salvataggio casuale, ma una iniziativa in appoggio agli scafisti. Tanto più considerando che il barchino non sarebbe stato in reale pericolo. Al termine dell’udienza (la prossima sarà il 21 aprile), l’avvocato Giulia Bongiorno, difensore di Salvini, ha osservato come sia stato «assolutamente decisivo l'intervento in aula di questi testimoni che hanno evidenziato quello che noi diciamo da tempo, cioè che Open Arms in realtà non si è imbattuta occasionalmente nella piccola imbarcazione coi migranti, ma da una serie di elementi viene fuori che ha avuto delle indicazioni ben precise dove avrebbe potuto individuare. Credo che questo sia importante per che dimostra la legittimità del provvedimento di divieto emesso sulla base delle anomalie». Salvini, lasciando l’aula bunker, ha commentato: «Mi sembra che stia emergendo tutto con estrema chiarezza».