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Matteo Renzi, due consigli di Feltri per sfangarla in redazione

di Vittorio Feltri venerdì 7 aprile 2023

2' di lettura

Mi pare che Matteo Renzi non goda della simpatia di parecchi elettori e neanche di numerosi giornalisti. Niente di grave visto che l’antipatia non è un reato, nell’ambiente politico poi è molto praticata. Ieri sul Corriere della Sera è uscito un articolo di Fabrizio Roncone che strapazza l’ex premier, dipingendolo come una sorta di saltimbanco che va dappertutto, in giro per il mondo a guadagnare soldi, raramente in Parlamento. A me invece il suo tenace assenteismo non dispiace affatto, visto che lo spettacolo che fornisce l’aula è eccitante quale un talk show, dove parla unicamente chi non ha nulla da dire.
Il motivo del dileggio a carico del senatore è costituito dalla notizia che egli è diventato direttore del quotidiano Il Riformista, rilevando Piero Sansonetti passato in tolda alla rediviva Unità.

Indubbiamente il salto dallo scranno di Palazzo Madama al seggiolone principale di una redazione è un esercizio acrobatico che non riesce a molti. Dato che nella mia troppo lunga carriera ho diretto parecchi giornali, quindi non sono un verginello ma una vecchia ciabatta forse ingombrante ormai, mi sento di dare al neo collega un consiglio amichevole: occhio alle querele, che fioccano come neve sugli abeti intorno a Natale. Stia attento, perché le denunce per diffamazione è facile riceverle quanto è facilissimo sporgerle per chi ha un ruolo di spicco in un partito. Io ne ho sofferte centinaia e mi domando in che modo abbia fatto a non finire in galera. Forse devo ringraziare il mio grande protettore, cioè Sanculo, senza l’aiuto del quale diventa rischioso perfino attraversare la strada. Detto ciò, aggiungo una osservazione di cui Renzi dovrà fare tesoro: un conto è scrivere, un altro è dirigere una baracca giornalistica.

Quello del capo è un mestiere profondamente diverso da quello previsto per chi esercita il ruolo di estensore di articoli. Non basta al direttore conoscere la consecutio temporum per sopravvivere, deve essere capace di tenere in pugno una banda che per sua natura tende a stonare, dato che qualsiasi redattore è convinto di suonare meglio dei suoi compagni di stanza. Questo è un lavoro, si fa per dire. Un tempo un giovane entrava in una pubblicazione poiché non sapeva svolgere un altro mestiere, oggi trova posto in un media solo chi è laureato, l’importante però è che come i suoi predecessori sia un buono a nulla, proprio quanto me. Ogni volta che vergo un pezzo e lo consegno mi dico: vedrai Vittorio che stavolta si accorgono che in realtà sei un fesso. Poi qualcuno mi loda e penso: che culo, l’ho fatta ancora franca. Se lei non interpreterà le mie parole maliziosamente, ma ne applicherà il senso, riuscirà tranquillamente a fare bella figura e tapperà la bocca pure al mio amico Roncone, che essendo molto bravo non è mai riuscito a dimostrarlo in pieno in quanto scrive più per se stesso che non per i lettori.

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