Giusto la settimana scorsa, il presidente cileno Boric ha annunciato una «strategia nazionale del litio» collegata a una impresa statale, anche se ha poi chiarito che «non si tratta di una nazionalizzazione», ed ha chiamato gli imprenditori privati a collaborare. Reazioni non troppo entusiastiche della Borsa a parte, c'è il precedente dei presidenti Balmaceda e Allende che sempre in Cile avevano annunciato strategie simili rispettivamente per il salnitro e per il rame, e finirono tutti e due suicidi dopo un golpe, nel 1891 e nel 1973. Subito a ruota, gli imprenditori del litio in Argentina hanno manifestato appoggio a un progetto di accordo con gli Usa in base al quale anche la produzione locale godrebbe dei benefici dei 400 miliardi di dollari per promuovere la trasazione verso energie pulite previsti da Biden nell'Inflation Reduction Act.
«Il litio e le terre rare saranno presto più importanti di petrolio e gas», aveva ricordato il 15 settembre scorso a Strasburgo al Parlamento Europeo la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, nell’annunciare una strategia per uscire da una situazione in cui «quasi il 90% delle terre rare e il 60% del litio vengono lavorati in Cina». Il litio, in commercio dal 1922, fu scoperto nel 1817, dallo svedese Johan August Arfwedson. Numero atomico 3, è il metallo più leggero, anche se il suo nome in greco significa “pietra”. La sua prima grande applicazione fu come lubrificante da alte temperature per motori aeronautici. In seguito, durante la Guerra Fredda, la domanda di litio aumentò con la produzione di armi a fusione nucleare. In seguito, fino alla metà degli anni ’90, il litio è invece stato utilizzato so2021 prattutto per abbassare la temperatura di fusione del vetro, e anche per migliorare il comportamento alla fusione dell'ossido di alluminio quando si utilizza il processo Hall-Héroult, e come antidepressivo im Medicina.
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BATTERIE
Ma già nel 1972 fu creata la prima batteria al litio, e dal 2007 è diventato questo l'uso dominante. Per ora, soprattutto nei Pc. La grande scommessa è che le batterie agli ioni di litio daranno alle auto elettriche ricariche negli stessi pochi minuti necessari per fare il pieno di benzina. Cioè, il litio è il sogno della fine della tirannia del petrolio. Ma come l’era del petrolio ha portato a un’enorme importanza geopolitica del Medio Oriente, così l’era del litio ha dato un ruolo altrettanto importante di un “triangolo” sudamericano composto da Cile, Argentina e Bolivia. Secondo lo l’U.S. Geological Survey, tra il 2016 e il 2021 la produzione mondiale di litio è quasi triplicata: da 35.000 a 100.000 tonnellate. Primo produttore l’Australia con 55.000 tonnellate seguita dal Cile con 26.000, dalla Cina con 14.000, dall’Argentina con 6.200, dal Brasile con 1.500, dallo Zimbabwe con 1.200 e dal Portogallo con 900. Ma il 56% degli 89 milioni di tonnellate di riserve individuate si trova nel “triangolo”: Bolivia con 21 milioni di tonnellate, Argentina con 19 milioni, Cile con 9,8 milioni. Se si aggiungono 1,7 milioni di tonnellate di riserve certificate in Messico, 880.000 in Perù e 470.000 in Brasile l’America Latina arriva al 59%.
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GARA PLANETARIA
Appunto, però, il movimento attorno al litio è frenetico. Tra i Paesi produttori c'è la spinta a organizzare le risorse, e ad esempio la decisione cilena era stata preceduta da una simile decisione messicana. Tra Usa e Ue c'è la spinta a cercare di scalzare il ruolo che nell’utilizzo di queste risorse hanno assunto soprattutto imFascia alpina prese cinesi, ma un po' anche russe. Tra tutti c'è la spinta a trovare nuovi giacimenti. I canadesi, ad esempio, lo hanno trovato in Perù, con cui ha fatto accordi il governo svedese a nome della Ue. E a marzo in Iran è stata annunciata la scoperta di quello che sarebbe il secondo più grande giacimento di litio al mondo a Hamedan,: 8,5 milioni di tonnellate.
A febbraio anche l’India aveva annunciato di avere scoperto un giacimento di litio tale da poter a sua volta diventare il terzo fornitore mondiale. Ma si sta cercando il litio anche in Africa, in California, in Cornovaglia, nella Valle del Reno, in Francia, e pure in Italia, dove Enel e la tedesca Vulcan hanno annunciato un progetto a partire da Cesano, alle porte di Roma. Un altro progetto a Viterbo è della Energia Minerals Italia, gruppo australiano Altamin. In effetti in Italia negli anni ’70 Enel e Agip ne avevano trovato in quantità nella zona vulcanica tra il Monte Amiata e i Campi Flegrei, ma allora non interessava.
Uno studio da poco pubblicato da un team di ricercatori dell’Istituto di geoscienze e georisorse (Igg)del Cnr confera due aree principali ad alto potenziale: la fascia vulcanico -geotermica peritirrenica (Toscana-Lazio-Campania) dove in passato sono stati intercettati fluidi geotermici con concentrazioni di litio fino a 480 mg/l e la fascia al fronte della catena appeninica (da Alessandria fino a Pescara) dove sono presenti manifestazioni termali, con contenuti in litio fino a 370 mg/l, associati spazialmente a giacimenti di idrocarburi. Questi valori sono tra i più alti riscontrati nei fluidi profondi del pianeta e permetterebbero l’estrazione del metallo con la tecnica conosciuta come Direct Lithium Extraction.
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