Mimmo Lucano
L’attivismo con Mimmo Lucano è costato ieri ad Emilio Sirianni il posto di presidente di sezione della Corte d’appello di Catanzaro. Il Csm ha ritenuto che la toga calabrese non sia più nelle condizioni di continuare a svolgere con «equilibrio» ed «imparzialità» l’importante incarico dirigenziale.
Tutto ha inizio quando Lucano, sindaco di Riace dal 2004, nel 2016 riceve l’ispezione dei funzionari della Prefettura di Reggio Calabria intenzionati a far luce sul sistema di accoglienza dei migranti che aveva realizzato.
CONVERSAZIONI - Il sistema “Lucano”, che lo aveva reso un eroe della sinistra e famoso nel mondo, non aveva però convinto i magistrati i quali decisero di indagarlo per truffa nella gestione dei fondi europei, concussione e abuso d’ufficio. Senza sapere di essere intercettato, Lucano aveva allora chiamato Sirianni, amico e storico esponente di Magistratura democratica, la corrente di sinistra delle toghe, per chiedergli “consigli”.
«Mimmo, allora, ma quando cazzo lo vuoi capire che tu non puoi... non devi partire dal presupposto che il tuo interlocutore è in buona fede, tu devi partire dal presupposto che il tuo interlocutore è in malafede e va cercando il modo di mettertelo in culo, va bene?» gli aveva risposto Sirianni. «Diventa urgente fare uscire questa cosa prima della fine del mese, per cui io sarei dell’opinione di chiamare a questo qua, di vederci il più presto possibile, pure domani e cominciare ad impostare questa intervista, questo articolo su Repubblica», aveva aggiunto Sirianni, pronto ad attivare una campagna stampa in suo favore. «Allora è probabile - aveva aggiunto Sirianni - che nessuno ti accusi di niente. Se uno si vuole immaginare il peggio può immaginare che qualche cazzo di cretino di carabiniere o di poliziotto a cui hanno mandato una copia di quella relazione là secondo lui ha pensato che c'era qualcosa di rilevante e l'ha mandata in Procura».
Le interlocuzioni fra i due erano proseguite per settimane. «Questi (riferendosi a Marco Minniti, ex ministro dell’Interno del Pd, ndr) sono pseudo comunisti burocrati, questo ha leccato il culo a D’Alema per tutta la vita», ricordava Sirianni a Lucano, attaccando anche i colleghi: «Gratteri è un fascistone di merda, capito, vuole che i piccoli spacciatori stiano in galera, i piccoli consumatori stiano in galera, tutto il mondo deve stare in galera a mente sua».
CONDANNA - Lucano, per la cronaca, dopo essere stato arrestato, verrà condannato nel 2021 dal tribunale di Locri a 13 anni di carcere - il doppio della pena chiesta dal pm- per associazione a delinquere, peculato, truffa, falso e abuso d’ufficio. I magistrati di Locri avevano archiviato la pratica su Sirianni, sottolineando però che «il comportamento mantenuto è stato poco consono a una persona appartenente all'ordine giudiziario». Gli atti erano quindi stati trasmessi a Roma per verificare i profili disciplinari della condotta di Sirianni, ma l’allora Csm a guida David Ermini (Pd) lo aveva assolto in quanto le conversazioni erano avvenute nel privato e quindi non c’era “discredito" per la magistratura.
La vicenda di Sirianni era finita anche nel libro Lobby e Logge di Alessandro Sallusti e Luca Palamara, dove venne riportata una intercettazione fino a quel momento inedita. Sirianni, parlando sempre con Lucano, stigmatizzava i colleghi, affermando che il magistrato di Magistratura democratica non deve applicare la legge ma interpretarla a seconda del caso. «Purtroppo questi giovani magistrati sono dei ragazzi che sono cresciuti con la televisione di Berlusconi, non hanno una conoscenza della realtà sociale, non hanno una empatia politica con quello che gli succede attorno. Specialmente quelli che vengono in Calabria non sanno un cazzo della Calabria. Su cento di loro, uno forse ha la sensibilità sociale e politica. Tutti gli altri sono ragazzi di famiglie benestanti che hanno studiato. Magistratura democratica è nata dicendo: noi non siamo giudici imparziali, noi siamo di parte».