È una sorta di “super premier” eletto dal popolo assieme ai parlamentari (stesso giorno, stessa scheda), che sommi al potere di nominare e revocare i ministri quello di proporre al presidente della repubblica lo scioglimento delle Camere, la figura su cui il governo ragiona per la riforma delle istituzioni che sarà presentata entro giugno.
Perché è vero che sul tavolo «non ci sono ipotesi preconfezionate, si parte da una ricognizione generale per poi darsi degli obiettivi», come ha spiegato il sottosegretario Alfredo Mantovano ieri al maxi-convegno del Cnel, con oltre cento costituzionalisti convocati dal professor Giovanni Pitruzzella proprio per studiare la soluzione migliore. Ma è vero pure che l’inserimento in Costituzione di un presidente del consiglio eletto dagli italiani e dotato di quei poteri, ossia il cosiddetto “premierato forte”, piace molto a palazzo Chigi ed è emerso dal confronto di ieri come l’ipotesi in grado di rispondere meglio alle due esigenze care a Giorgia Meloni e riassunte da Mantovano: «Il primo obiettivo è dare un quadro di stabilità con un governo che abbia una vita coincidente con la legislatura, il secondo garantire coerenza tra il voto espresso, la maggioranza e il governo che su quella maggioranza si fonda».
RITOCCHI MIRATI - Stabilità e rispetto della volontà popolare, insomma. Cui si aggiunge l’esigenza, anche pratica, di riscrivere la Costituzione in modo chirurgico, arrivando al risultato senza cambiare troppi articoli. «Ci sono stati fallimenti», ha ricordato Mantovano, «quando c’è stata l’ambizione di intervenire sull’intera seconda parte della Costituzione. Sulla base dei precedenti è bene quindi fare affidamento su qualcosa di più mirato».
In concreto, significa modificare i poteri e il metodo di elezione del presidente del consiglio toccando il meno possibile le prerogative del capo dello Stato. «È emersa la condivisione sulla insostituibilità della figura del presidente della repubblica e sulla necessità di un rafforzamento del capo del governo», ha riassunto Pitruzzella al termine del dibattito tra costituzionalisti. Il ministro per le Riforme, Elisabetta Casellati, che presto dovrà scrivere materialmente la bozza, ha detto che «c’è una preferenza verso il premierato, con varie articolazioni e sfaccettature. Studieremo quale è la forma migliore». Non esiste, in questo caso, un modello pronto da imitare: nelle altre democrazie si elegge direttamente o un capo dello Stato che è anche capo del governo (modello statunitense) o un presidente della repubblica che poi sceglie il primo ministro di sua fiducia (modello francese). L’Italia si prepara a fare da apripista per un sistema nuovo.
Le altre ipotesi avanzate ieri dagli accademici, soprattutto da quelli di area progressista, sono l’istituzione di un cancellierato “alla tedesca” (il capo del governo è eletto dal parlamento su indicazione del presidente della repubblica, ma ha comunque il potere di nominare e revocare i ministri) e la semplice indicazione del nome del premier sulla scheda, che consentirebbe di mantenere sostanzialmente intatti i poteri del Quirinale. Nessuno di questi sistemi, però, appare in grado di garantire nel modo desiderato la stabilità dei governi e il rispetto della volontà popolare. Il modello tedesco che tanto piace al Pd, in particolare, è giudicato inadatto dalla Casellati: «Trovo contraddittoria la posizione del Partito democratico, perché un sistema simile indebolisce molto la figura del capo dello Stato, che invece si vuole preservare come garante dell’unità nazionale e organo di controllo».
IL RUOLO DEL CNEL - La stessa Casellati si è impegnata a scrivere la proposta di riforma della Costituzione nel giro di un mese: «Spero di terminare il mio giro di audizioni e, prima dell’estate, poter presentare un disegno di legge. Ci tengo molto e spero di poterla portare a termine con larga condivisione». Ci saranno altri confronti, infatti: dopo le consultazioni che Meloni, Casellati e Mantovano hanno fatto il 9 maggio con le opposizioni e quello di ieri con i costituzionalisti (in ambedue i casi a palazzo Chigi non escludono un bis), nei prossimi giorni sarà il turno dei rappresentanti degli enti territoriali e dei vertici di Confindustria, dei sindacati e delle altre parti sociali. Un ruolo importante lo avrà il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro, rilanciato dal suo nuovo presidente, Renato Brunetta. «Abbiamo da scrivere un’importante pagina della nostra storia e il Cnel è pronto a fare la sua parte», promette l’ex ministro forzista. Il quale, con argomentazioni da economista, sposa appieno le ragioni della Meloni: «La stabilità dei governi produce concretezza e credibilità. Per questo si impongono le riforme costituzionali».