"L'esatto contrario del pluralismo". Così, a DiMartedì, Alessandro Sallusti ha definito Che tempo che fa. E forse proprio per questo Fabio Fazio piaceva così tanto ai progressisti. Il "re dei comodi", lo chiama il Fatto quotidiano. Il maestro della "tv dei carini", secondo altri un po' più maliziosi "l'abatino" che in 20 anni di prestigiosa carriera in Rai ha propinato con sorrisini e toni melliflui ospitate interessate, leccatine, qualche gaffe, diversi attacchi proditori agli avversari del potente di turno (sempre, rigorosamente, di centrosinistra). Un microcosmo intellettuale che se la canta e se la suona, all'insegna del medesimo spartito. E che quando qualcuno prova a variare canzone, grida immancabilmente alla censura. Il guaio, come sottolineava Marco Travaglio sul Fatto, è che "le epurazioni occorre meritarsele". Tanto è vero che l'ex imitatore diventato uomo intoccabile a viale Mazzini ha deciso di andare a essere un uomo libero a Discovery alla modica cifra di 10 milioni di euro, 2 e mezzo a stagione. Non male, come bavaglio.
L'unico vero problema che si presenterà ai nuovi vertici Rai sarà come sostituire in palinsesto il talk simbolo della domenica sera. Probabile che lo zoccolo duro di telespettatori affezionati a Fazio, Luciana Littizzetto e ospiti più o meno fissi (da Roberto Saviano a Ferruccio De Bortoli) del suo circo-circolino li segua sul Nove. E' anche vero però che CTCF ha funzionato a meraviglia nella magnifica riserva rossa di Rai 3, molto meno su Rai 2 o su Rai 1. Segno che spazio per cambiare registro c'è. E allora, cosa resterà di questi anni faziosi?
Non certo il coraggio di essere cattivi, irriverenti, scomodi. Le sue interviste sono sempre state sostanzialmente genuflesse, anche perché davanti si ritrovava amici, compagni di scuderia e agente (il potentissimo produttore Beppe Caschetto), colleghi di lotta. Nel marzo del 2013 si inchina a Laura Boldrini, fresca di nomina a presidente (pardon, presidenta) della Camera: un discorso, quella della esponente di Sel (oggi nel Pd) "che ogni volta emoziona, ogni volta si risente, si riascolta. Sono rimasto stupefatto. La nostra politica è così asfittica, lo sguardo del Paese è arrabbiato, le sue parole di apertura e il suo sguardo che ha portato dal mondo, l’ho trovato un segno di speranza e novità". Piccolo particolare: la Boldrini (non Madre Teresa di Calcutta, con tutto il rispetto) è in studio, e Fazio le cede il microfono: "Da dove pensa di cominciare?". La linea la detta l'ospite, un caso più unico che raro. Una linea (pro-immigrazione, pro-accoglienza, anti-Salvini, anti-centrodestra) che continuerà fino a oggi, senza incertezze di sorta.
Se cè una cosa che a Fazio non può essere contestata, è il fiuto. Per gli affari, per esempio. I suoi: nel 2019 scoppia la polemica per i costi di produzione del talk, produzione affidata alla Officina, società compartecipata al 50% da Fazio e da Magnolia, che in un anno ha visto triplicare il fatturato passando da 3,8 a 11 milioni di euro. Fazio, dunque, si fa pagare bene dalla Rai due volte. Ma Fabietto annusa bene anche l'aria politica. Nel 2014 il re è Matteo Renzi e a dicembre, ben lontano da diventare un "parìa" della sinistra, l'allora premier viene intervistato a Che tempo che fa e viene presentato come portatore di "innovatore e positività". Troppo duro, forse.
Di esponenti di centrodestra Fazio ne ha sempre invitati pochi, pochissimi. Nel maggio 2015 però fa una eccezione per Silvio Berlusconi, anche e soprattutto in veste di gigante della televisione privata. Chi si aspetta agguati e processi, sbaglia di grosso. Tommaso Rodano, sempre sul Fatto, ricorda con un po' di delusione il tenore marzulliano delle domande più ficcanti: "In questi giorni ha postato foto con il suo cane, Dudù, che ormai è più famoso di Rex, per alcuni sono foto di un uomo solo, ma lei si sente felice?".
Che l'ormai quasi ex conduttore Rai non sia mai stato proprio un cuor di leone è risaputo. La vetta inarrivabile del suo coraggio la si è raggiunta forse nell'ottobre del 2021. A Palazzo Chigi c'è già Mario Draghi, l'Italia inizia a vedere la luce in fondo al tunnel della pandemia. Quando su Rai 3 approda il generale Figliuolo, commissario straordinario all'emergenza Covid, impossibile aspettarsi un interrogatorio su vaccini e "buchi neri" nella lotta al virus. Certo che la frase sfuggita a Fazio, "Lei è più amato di Garibaldi", non lo inserisce tra gli inquisitori.
Di scoop, Fazio e i suoi autori (anche grazie a qualche ottimo aggancio nella sinistra che conta - e governa - in Italia e in Europa) ne hanno messi a segno, non c'è dubbio. Per esempio, l'intervista a Papa Francesco, che però nel febbraio del 2022 ha scatenato le critiche della stampa internazionale, sgomenta da una clamorosa mancanza: "Un’ora di intervista e nessuna domanda sugli scandali legati agli abusi sessuali nella Chiesa".
E ancora, qualche mese prima, il faccia a faccia a distanza niente meno che con l'ex presidente americano Barack Obama. E Fabio riesce a piegarlo alla gag sul suo "figlio segreto", un tormentone che va avanti da inizio stagione. "Fabio, sembrava tutto a posto - lo redarguisce l'icona dei democratici mondiali -. Ma quel ragazzino è tuo figlio e questa cosa non posso ignorarla... Fai il tuo dovere di padre. Se non fai come ti dico vengo lì e ti gonfio la faccia così. Vedi, è tuo figlio!". Un "mah" grosso come la Casa Bianca.
L'apoteosi del Fazio megafono del potere è la trasferta all'Eliseo nel marzo del 2019, per intervistare Emmanuel Macron. Un colloquio "in corridoio", con 1.092 "sì" scanditi di fronte al presidente francese: un ragionier Fantozzi di successo. Inginocchiato, come un paio di settimane dopo quando intervista l'allora presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, mai tenero con l'Italia "sovranista". "Un conduttore imparziale e con la schiena dritta", scriveva Giorgia Meloni su Twitter. L'hashtag? #1aprile.