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Carne sintetica, "non conosciamo gli effetti": parla l'esperto

di Attilio Barbieri domenica 21 maggio 2023

5' di lettura

Giorgio Cantelli Forti è un farmacologo. Classe 1944, laurea in farmacia all’Università di Bologna, una vita spesa a insegnare, in Italia ma anche negli Stati Uniti, all’Università di Galveston. Texas. Ora è presidente dell’Accademia nazionale di agricoltura. Con lui parliamo di cibi di laboratorio. «Ho fatto il ricercatore per tanti anni e ho difeso sempre le biotecnologie», spiega, «sono assolutamente favorevole all’innovazione, ma nel rapporto rischio-beneficio, come tossicologo, ne chiedo la sicurezza. Sono contro i faccendieri che vogliono mistificare la realtà introducendo materiali – farmaci o alimenti – senza averne determinato sperimentalmente la sicurezza e data a livello autorizzativo la garanzia».

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Dunque parliamo di cibi che si possono paragonare alle medicine?
«Almeno fosse così. I farmaci subiscono un rigoroso processo autorizzativo con una fase pre-clinica e poi tre fasi cliniche. Sono vagliati in ogni step autorizzativo sulla base di robusti risultati sperimentali. In questo lungo processo di studi medialmente si verificano circa il 90% di insuccessi che bloccano lo sviluppo del farmaco. Dopo l’autorizzazione finale di immissione in commercio inizia la fase quattro o farmaco-vigilanza sulla popolazione in terapia col farmaco e, nonostante questo rigoroso processo, a volte si registrano effetti collaterali indesiderati che non sono comparsi nelle precedenti fasi. La carne di laboratorio, per ora, non mi risulta sia stata sottoposta a controlli rigorosi sul rapporto rischio-beneficio».

Diceva delle biotecnologie...
«Le tecniche biotecnologiche costituiscono un grande successo scientifico e hanno aperto grandi innovazioni. Tuttavia un prodotto alimentare innovativo biotecnologico dev’essere studiato e deve dimostrare di valere almeno come il prodotto tradizionale con cui da tempo interagiamo e ne conosciamo gli effetti positivi e negativi».

Di cosa parliamo?
«Senza considerare la fase di produzione della carne artificiale, e quindi la presenza di possibili residui di stimolanti soprattutto ormonali e di antibatterici utilizzati per evitare le infezioni, c’è un altro aspetto importante da valutare: il confronto fra la carne artificiale e la carne rossa fresca nell’interazione col nostro organismo, in termini di disponibilità di contenuti biochimico-nutrizionali indispensabili per evitare nel tempo gravi carenze metaboliche».

Confronto in che senso?
«Devo avere la certezza che le due carni, quella naturale e quella artificiale, assicurino adeguati apporti di proteine ad alto valore biologico, i medesimi micronutrienti e i peptidi bioattivi che hanno premiato la nostra alimentazione nei millenni e che sono necessari nell’età evolutiva, per donne, sportivi ed anziani. Chiedo questa prova».

Con quale obiettivo?
«Se fosse accertato che le due carni hanno i medesimi macro e micro-nutrienti allora va benissimo anche la carne artificiale. Ma in questo momento non ho la garanzia che interagisca con il nostro sistema organico come avviene con la carne rossa».

È così importante?
«Della carne rossa si conosce tutto: è una preziosa fonte per l’apporto dei 9 amminoacidi essenziali, di molecole bioattive quali carnitina, carnosina e creatina, molecole che svolgono importanti funzioni regolatorie nel metabolismo, nonché di ferro, zinco, vitamina B12... Inoltre, i peptidi bioattivi, liberati durante il processo di digestione gastrica, hanno azione modulatrice anti-ipertensiva e anti-infiammatoria. Questo voglio capire se la carne artificiale è in grado di fornirci».

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E non è possibile?
«Al momento no. Non sappiamo se un prodotto che deriva da una biopsia espansa contenga tutti questi componenti. Ne conterrà una parte. Forse. Ricordo in più che la carne rossa contiene anche la miostatina, una sostanza prodotta dalle cellule muscolari e che funge da inibitore della miogenesi. La miostatina è soprattutto utile alle donne dopo il periodo fertile, cioè alla cessazione della funzionalità ovarica, quando si presenta il problema dell’obesità sarcopenica con la produzione di grasso che si deposita poi in diverse zone dell’organismo e può provocare la sarcoidosi, una patologia che può essere controllata e in parte prevenuta con la miostatina anche tramite un’alimentazione corretta. Dalla carne».

Insomma, alimentandoci correttamente possiamo curarci come se assumessimo un farmaco?
«L’assunzione costante a intervalli della carne rossa, anche se in quantità moderata, garantisce la presenza nell’organismo della miostatina. Siamo sicuri che la carne di laboratorio fornisca tutti questi elementi che ho ricordato? Ce lo devono dimostrare. E quando l’avranno fatto si potrà procedere all’autorizzazione».

Ma i produttori che stanno lavorando allo sviluppo della carne artificiale, non rendono disponibili queste informazioni?
«Non è tanto questo l’aspetto critico. Bisogna poter condurre degli studi di popolazione. Noi assumiamo la carne rossa da migliaia di anni. E quindi esistono studi retrospettici di popolazione approfonditi che hanno dimostrato il valore della carne rossa, proprietà legate alla formazione degli indispensabili elementi che ho citato assunti durante il processo digestivo. Soltanto con uno studio di popolazione si vede quanto questi elementi siano efficienti ed efficaci per la salute. È stato così per la carne rossa e deve accadere la medesima cosa con la carne di laboratorio. Ma ci vuole tempo».

Quanto tempo?
«Dipende dal modello sperimentale utilizzato. In teoria per svolgere un’osservazione completa e individuare eventuali carenze alimentari, ci vorrebbero due o tre generazioni.
Ma in attesa, si possono eseguire prove sperimentali per accertare la presenza e la biodisponibilità degli elementi di cui ho parlato nell’organismo delle persone alimentate con carne di laboratorio. Anche in questo caso, però, non si tratta di un processo che si possa concludere a breve e bisogna poi investire nella ricerca sperimentale. Occorre tempo».

Per ora questi approfondimenti mancano?

«Non mi risulta che siano stati fatti specifici studi. Pensi che se si trattasse di farmaci dovremmo produrre alle authority competenti, parlo della Fda americana, l’Ema europea e l’Aifa italiana, degli esperimenti che abbiano robusti risultati e numeri statistici tali da validare i dati. A quel punto si ottiene l’autorizzazione. Ma sa quanto tempo ci vuole con l’autorizzazione in tasca per realizzare un farmaco?».

No. Me lo dica lei...

«Dal momento in cui un farmaco viene brevettato, dopo essere stato realizzato, trascorrono da dodici a sedici anni. Anche se la carne di laboratorio non rientra nella normativa del farmaco, non è possibile pensare che un alimento artificiale possa essere utilizzato senza aver svolto tutte le valutazioni sperimentali. Tutto questo per dimenticarci la componente organolettica della carne...».

Non dimentichiamocela. Me ne parli.

«Quando si cuoce una bistecca si sprigionano dei sapori inconfondibili, legati a sostanze che vengono trasformate dal calore ed emettono gusti e odori. Un alimento artificiale, per avere lo stesso sapore deve emularli. Dev’essere addizionato di sostanze chimiche che gli conferiscano lo stesso colore ma anche il medesimo sapore. Chi mi garantisce sulla sicurezza di questi additivi? In conclusione non vi è l’obbligo di seguire un protocollo di studio e di controllo da parte dei produttori di alimenti di laboratorio da sottoporre poi agli enti di controllo».

Più ci addentriamo nel tema e più crescono i dubbi...

«È naturale che sia così. Stiamo parlando di un prodotto consolidato e noto, la carne rossa. E un altro che lo vuole imitare artificialmente».

Alla fine torniamo sempre allo stesso punto...

«Sì. Ma se affermo che un prodotto può sostituire un altro e non lo dimostro, non è forse una truffa commerciale oltre, in questo caso, un possibile rischio per la salute?». 

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