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È finito l'effetto Masterchef: ecco perché la cucina non fa più gola

di Claudia Osmetti mercoledì 24 maggio 2023

3' di lettura

Il sedano rapa non tira più. Ché, diciamoci la verità, una decina di anni fa erano tutti aspiranti chef: e guai a chiamarli semplici “cuochi”, ti guardavano di traverso e, trail lusco e il brusco, iniziavano ad affilare il coltello (quello a punta, quello per disossare il pollo) che loro sì, ce l’avevano a portata di mano. Adesso no. Adesso in cucina non ci va più nessuno (chiedilo a uno qualsiasi delle migliaia di ristoratori d’Italia che cerca disperatamente nuove forze lavoro, camerieri, pizzaioli, esperti della sublime arte della lasagna, specie in vista della stagione estiva, ma non riesce a trova re manco un mezzo aiuto, meno di un terzo di lavapiatti) e all’alberghiero si iscrivono sempre meno ragazzi. È crisi nera, ai fornelli. L’alberghiero, quella scuola per futuri professionisti della sala, del ricevimento, maître e sommelier: zero al cubo. Piace no.

I NUMERI
In tutta la provincia di Belluno, in Veneto, nove anni fa le classi prime contavano su 242 studenti, freschi freschi di diploma delle medie e intenzionati a imparare i segreti dello spezzatino perfetto. Oggi quel numero si è praticamente dimezzano, sono appena 113. E va così anche nelle altre regioni: a Trento, in cinque anni sono spariti 300 iscritti all’alberghiero; in Puglia se ne conta una sforbiciata di 17mila in quattro anni; in Basilicata Federalberghi (che, lo dice il nome, è l’associazione degli imprenditori del settore ricettivo) lancia l’sos al grido di «rinnoviamo l’appello a iscriversi agli istituti professionali e alberghieri che risentono, negli ultimi anni, di un calo di studenti». Certo, c’è qualche piccola eccezione e, nel 2023, in termini assoluti, la situazione regge e, forse, ha recuperato qualcosina: ma per l’anno scolastico 2021-22, l’ultimo per cui esistono statistiche puntuali, che peraltro ha stilato l’Osservatorio della ristorazione, gli iscritti ai plessi col laboratorio di cucina sono stati circa 34mila, il 47% in meno di un decennio fa. Siamo lontani dai picchi del 2013, o del 2015, quando l’appello era una lista sterminata e conteneva almeno 64mila nomi sul registro di classe. Adesso niente, adesso gli adolescenti italiani preferiscono altro. Gli istituti tecnici e i licei, l’indirizzo del marketing o dell’informatica, il linguistico e le scienze umane. Ma non la lezione su come fare la carbonara classica. Fuga dall’impastatore e con quel che ne consegue: cioè che nel Paese della buona tavola mancano gli addetti alla buona tavola. E quei pochi che resistono sono corteggiati (da bar, pizzerie, bistrot e locali stellati) come neanche le attrici hollywoodiane sul red carpet di Cannes. E dire che invece di programmi tivù, canali YouTube, influencer del mestolo e blogger con la fissa della salsa di soia siamo pieni. Sui social postiamo migliaia di foto di piatti (casalinghi e non) al dì. I libri di ricette sono ancora quelli più venduti in libreria.

Ma ci si ferma qui. Masterchef o non Masterchef, l’alberghiero non fa più gola. D’accordo, bisogna mettere tutto sulla bilancia: tre anni di Covid e di lockdown a intermittenza che hanno affossato la ristorazione puntando quasi ed esclusivamente sull’asporto o la consegna a domicilio (comoda, per carità: ma sedersi al ristorante è altra faccenda) e quel problemino piccino picciò (si fa per dire) delle paghe che o sono appetibili o oramai arrivederci, giriamo sui tacchi e scegliamo un’altra strada. Questa, però, quella delle buste paga dignitose, è una questione che mica riguarda solo i maghi del risotto allo zafferano.

I SOLITI FURBI
È un problema che tocca tutti i settori lavorativi: ché c’è chi prova a fare il furbo e offre contratti da 500 euro al mese con turni massacranti serali, ma c’è anche chi (ed è la maggior parte dei nostri imprenditori) sta facendo i salti mortali per tenere aperta la tavola calda giù all’angolo della strada e ha quel cartello fuori dalla porta, Aaa cuoco cercasi, appeso da mesi senza che il telefono sia squillato una volta. È anche vero che, dieci anni fa, quando gli studenti dell’alberghiero erano il mezzo esercito di 64mila volenterosi di cui sopra, era appena scoppiata la Masterchef mania. Cappello bianco e grembiule, stavamo incollati allo schermo per capire come tagliare uno scalogno alla velocità della luce senza lasciarci una falange, sull’asse di legno vicino al lavello. In un certo senso, passato il grande boom, un calo è anche fisiologico. Ma se è quasi del 50% (che vuol dire la metà) qualche problema, a catena, lo comporta. 

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