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Eco-talebani, smontate tutte le loro balle: Italia la più green d'Europa

di Antonio Castro giovedì 25 maggio 2023

4' di lettura

Sorpresa: «L’Italia ha uno dei sistemi energetici ed economici più efficienti tra i Paesi europei». Appena sotto la Svezia. Stupiti? A scorrere l’analisi diffusa ieri dall’Ispra, si scopre che la nostra quota nazionale di energia rinnovabile, rispetto al consumo interno lordo, è paria 19,4% nel 2021, mentre la media europea è pari a 17,7%. Il risultato del Rapporto 2023 è una volta tanto confortante. Solitamente siamo bravissimi ad auto flagellarci. Però ora salta fuori che non siamo poi così malvagi. C’è da osservare che che molti degli altri Paesi europei possono contare sul nucleare.

ZERO NUCLEARE - Dettaglio da non sottovalutare considerando che da 40 anni l’Italia può sì importare energia prodotta da centrali nucleari (da Francia in particolare), ma ci siamo imposti di non sviluppare questa risorsa. Resta il fatto che quella che viene catalogata come “intensità energetica per unità di Pile la produttività delle risorse”, da noi risultano tra le più basse d’Europa. E tutto questo «nonostante un ruolo rilevante dell’industria nell’economia italiana. La bassa intensità energetica corrisponde spesso a economie basate sui servizi con un ruolo minore delle attività industriali. Invece in Italia è vero l’esatto contrario. Ha contribuito in maniera «fondamentale anche la crescente elettrificazione dei consumi finali nell’industria, tra i più elevati in Europa». E infatti si scopre che l’Italia ha compiuto un balzo in avanti migliorando, e non poco, «l’efficienza complessiva del sistema energetico», che adesso risulta essere «al di sopra della media europea: nel 2021 l’energia disponibile per i consumi finali nazionali costituisce il 77.5% del consumo interno lordo di energia, contro il 72.7% della media dei Paesi UE, mostrando quindi una elevata efficienza di trasformazione energetica».

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La crisi dell’approvvigionamento energetico scatenata dal confitto tra Russia e Ucraina- e il taglio delle forniture da Mosca verso l’Europa - ha fatto emergere tutte le fragilità di un sistema energetico che dai fossili tradizionali (petrolio e carbone), era stato sterzato sul gas. Pulito, facilmente trasportabile in grandi volumi e, soprattutto, economico una volta realizzate le infrastrutture (pipeline). L’Ispra fa di conto e riepiloga così un cambio storico di rotta che oggi va ulteriormente aggiornato. Per quanto riguarda il mix energetico nel settore energetico, dal 1990 in poi il gas naturale è aumentato costantemente erodendo quote dai prodotti petroliferi (nel 2021 il 49,8% della produzione di energia elettrica da gas naturale e circa il 2,7% da prodotti petroliferi, mentre nel 1990 le due percentuali erano rispettivamente del 18,3% e del 47,4%).

«La quota di combustibili solidi», ricostruisce la ricerca dell’Istituto che traccia il cambiamento, «ha mostrato oscillazioni intorno alla media dell’11,5% con una forte riduzione negli ultimi anni (4,9% nel 2021). Le stime preliminari per il 2021 mostrano una tendenza al rialzo con un rilevante aumento della quota di combustibili solidi intorno all’8%». In sostanza quando la Russia ha chiuso i rubinetti l’Europa (e l’Italia), è corsa ai ripari rimettendo in moto vecchie centrali a carbone, a olii pesanti e prolungando la vita delle centrali nucleari programmate per il progressivo spegnimento (Francia e Germania).

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È interessante notare i cambiamenti di produzione: nel 2005 la quota di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili rispetto alla produzione totale rappresentava solo il 16% della produzione nazionale. Dopo il 2007 «la quota è aumentata significativamente fino alla fine del 2014, quando ha raggiunto il 43,1%. Nel 2021 la quota rinnovabile nella produzione di energia elettrica è stata pari al 40,2%, mentre le stime preliminari mostrano una brusca contrazione nel 2022 (35,5%),principalmente a causa della forte riduzione della produzione idroelettrica». Paradossale dirlo proprio in questi giorni con la Pianura Padana a mollo, ma la scarsità di precipitazioni piovose negli ultimi 18 mesi ha messo in crisi le mostre turbine idroelettriche. L’Italia - povera di risorse fossili- aveva realizzato un buon sistema di dighe per rifornirsi di energia a basso costo (e pulite). Ora invece...

TURBINE FERME  - Negli ultimi anni di siccità il sistema idroelettrico è entrato in affanno. Meno acqua negli invasi, altissima dispersione idrica (oltre il 40% scivola via dalla fonte al rubinetto), manutenzione degli invasi ferma da decenni. Nel 2021 la quota rinnovabile nella produzione di energia elettrica è stata pari al 40,2%, mentre le stime preliminari mostrano una brusca contrazione nel 2022 (35,5%), principalmente a causa proprio della forte riduzione della produzione idroelettrica.

La potenza termica totale nel 2021 è di 61,9 GW con una forte contrazione dal 2012, quando la capacità installata aveva raggiunto il picco di 80,2 GW. Negli ultimi tempi è lievitata la quota di impianti alimentati a bioenergia (dal 2008 al 2013). E infatti e gli impianti alimentati a biogas sono passati da 0,37 GW nel 2008 a 1,46 GW nel 2021. Quelli alimentati con biocarburanti liquidi (sempre tra il 2008 e il 2013) hanno preso il volo: da 0,12 GW a 1,04 GW, per poi ridursi a 0,95 GW nel 2021. Dettaglio da non trascurare: gli impianti alimentati da biomasse solide e rifiuti sono aumentati da 1,07 GW nel 2008 a 1,73 GW nel 2018. Ma da quest’anno in poi la potenza degli impianti a biomassa solida evidenzia al ribasso, mentre aumenta la potenza degli impianti di rifiuti. «Nel 2021 la potenza totale è di 1,7 GW, di cui 0,92 alimentati da rifiuti. Ma vista la massa di rifiuti che oggi spediamo all’estero potremmo anche tornare a prevedere nuovi incentivi per gli impianti alimentati a bioenergia, per smantellare le infinite discariche che costellano l’Italia (c’è quella di Malagrotta, la più estesa d’Europa), e per cominciare a utilizzare le biomasse che non sappiamo gestire.

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