In un’Italia in cui la maggioranza degli elettori vota per il “destra-centro”, la Corte Costituzionale è un mondo a parte. Quindici giudici tra cui abbondano quelli di estrazione progressista e uno solo è ascrivibile all’area conservatrice e liberale: il vicepresidente Nicolò Zanon, nominato da Giorgio Napolitano nel novembre del 2014. Unica eccezione assieme a Luca Antonini, giurista eletto in quota Lega. Il mandato di Zanon scade tra cinque mesi, assieme a quello della progressista Daria De Pretis, pure lei messa lì dall’allora capo dello Stato. Subito dopo toccherà all’attuale presidente della Consulta, Silvana Sciarra, che fu eletta giudice costituzionale dal parlamento su indicazione della sinistra. E l’eventualità che al posto di Zanon arrivi un altro giurista vicino al Pd è concreta.
La prima mossa l’ha fatta proprio la Sciarra. Il 18 giugno ha rilasciato un’intervista a Repubblica che contiene due messaggi. Il primo dà il titolo all’intervista: «Il diritto Ue deve prevalere» su quello italiano. Tra i destinatari, oltre al governo e al parlamento, ci sono i magistrati indecisi se applicare i parametri del diritto italiano o quelli della normativa europea: la risposta giusta è la seconda, fa sapere la Sciarra, e se così faranno la Consulta li difenderà. Il secondo avvertimento è più sottile. La presidente afferma che l’attuale «equilibrio di competenze, professionalità e di indipendenza» deve essere «assicurato anche in futuro. È la grande ricchezza di un organo di garanzia». Quanto ai giudici costituzionali eletti dal parlamento, «devono essere scelti per la loro “rappresentatività trasversale”. Non devono appartenere ad alcuna componente politica del parlamento che li esprime».
Per sostituire la Sciarra, dunque, e quando nel dicembre del 2024 scadranno i mandati di Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti, tutti eletti dal parlamento, nessun giurista espressione del centrodestra dovrebbe prendere il loro posto. Una pretesa curiosa, visto che lo stesso Barbera, eletto nel 2015 su indicazione del Pd, era stato ministro del governo Ciampi e aveva trascorso cinque legislature in parlamento sotto le insegne del Pci e del Pds.
Un problema, quello della vicinanza dei giudici costituzionali con la sinistra, che non nasce con Barbera e che non si sono posti nemmeno al Quirinale. Lo ha spiegato bene, qualche anno fa, il giurista Giuseppe Di Federico: «Tutti e nove i giudici nominati dai presidenti Scalfaro e Ciampi sono stati scelti tra persone che chiaramente appartengono all’area politica del centro-sinistra. Quattro su nove (Contri, Flick, Gallo, Cassese) erano stati anche ministri nei governi presieduti da Ciampi e Prodi». Elenco al quale Giorgio Napolitano aggiunse Giuliano Amato. Quanto a Sergio Mattarella, scaduto il mandato di Marta Cartabia, messa lì da Giorgio Napolitano dopo la morte della moderata Maria Rita Saulle, ha nominato Emanuela Navarretta, cattolica progressista i cui articoli appaiono sulla rivista di Magistratura democratica.
IL PRECEDENTE DEL 2011 - La Sciarra, insomma, difende lo status quo, ossia l’egemonia della sua parte sulla Consulta. E così prepara il terreno per la replica del copione visto nel 2011, quando Napolitano fu ospite al Meeting di Rimini, e lì gli fu fatta conoscere la Cartabia, ciellina di antica data. Poche settimane dopo, la nominò giudice costituzionale. Questa estate all’evento di Cl è prevista la presenza di Mattarella, che ad attenderlo troverà Andrea Simoncini, ordinario di diritto costituzionale a Firenze e ciellino, ma soprattutto vicino al Pd. Al punto da essere stato indicato dai democratici della Toscana, pochi giorni fa, tra coloro che avrebbero fatto parte della loro “conferenza programmatica”. Il suo nome, però, è stato sbianchettato di corsa da quell’organigramma, e a Firenze c’è chi lo spiega proprio col fatto che un legame ufficiale col Pd avrebbe complicato la sua nomina. Un’altra spiegazione la suggerisce il sito del vaticanista Aldo Maria Valli, ed è il fastidio che la scelta politica di Simoncini avrebbe creato in Vaticano e nella “nuova” Cl. Il giurista è nel consiglio d’amministrazione della Fondazione che organizza il Meeting, assieme a Giorgio Vittadini e ad altri, tra cui la giurista Lorenza Violini, un’altra di cui si parla come possibile giudice costituzionale. «Un Cda completamente sbilanciato sul fronte progressista», nota il sito di Valli. Da qui, la domanda: perché l’evento di Cl «è nelle mani di organizzatori progressisti e, adesso, addirittura di un membro della segreteria regionale di un partito guidato da Elly Schlein?». Problema che il rapido passo indietro di Simoncini avrebbe risolto solo sotto l’aspetto formale. Lasciando la speranza di vederlo lì, al posto di Zanon: ai vertici di Cl, e nel Pd, ci contano.