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Vittorio Feltri difende Sgarbi: "Ignorante da civilizzare? Che miseria"

di Vittorio Feltri martedì 4 luglio 2023

4' di lettura

Quotidianamente i giornali in coro pretendono di farci la morale sebbene il buon giornalista dovrebbe guardarsi bene dal rischio di dilungarsi in prediche. Da quando i quotidiani ci giudicano anziché informarci la gente ha smesso di acquistarli, del resto chi pagherebbe per sentirsi dire, o meglio, per leggere, che egli è nient’altro che un troglodita o un cretino o un buzzurro meritevole solamente di disprezzo? Pure sulle pagine di ieri è andato avanti il processo a Vittorio Sgarbi. Da Dacia Maraini, la quale ritiene necessaria una sorta di rieducazione all’uso del linguaggio, a Fabrizio Roncone, da Cristina Comencini a Simonetta Sciandivasci, non c’è intellettuale che non si sia indignato e dichiarato tale per la performance, reputata sessista, di Sgarbi al Museo Maxxi di Roma, la quale non aveva destato scalpore finché qualcuno non ha deciso di strumentalizzare alcune frasi per attaccare un governo indigeribile in quanto non di sinistra.

Ogni dì si domandano le dimissioni di questo o di quello, in questi giorni tocca al ministro Santanchè e al sottosegretario Sgarbi. È la maniera dei progressisti di fare opposizione. Nulla di nuovo. Non intendo stendere l’apologia di Sgarbi, ma di sicuro non possiamo accusarlo di essere un ignorante, di non avere avuto contezza di trovarsi all’interno di un museo o di ricoprire un ruolo istituzionale. Egli, ve lo garantisco, ne è perfettamente consapevole. Il punto è che Sgarbi è Sgarbi e lo conosciamo così da sempre, quindi perché dovremmo aspettarci che egli finga di essere qualcun altro, contenga la sua natura, moderi e moduli la sua maniera di esprimersi, elimini dal suo lessico quei termini, per di più che ci fanno inspiegabilmente impallidire, come “cazzo”, divenga un Calenda qualsiasi, un Casini qualsiasi, un Conte qualsiasi?

Vittorio non ha offeso nessuno e non ha compiuto alcun reato, eppure si chiede che egli venga destituito per motivi e questioni puramente moralistiche. Si vuole la compressione della sua libertà di espressione in quanto egli non sarebbe in grado di adoperarla nel modo in cui i radical-chic stabiliscono che debba essere manovrata: se ricorri ad una parolaccia, non sei più libero di parlare, non dentro ad un museo, non indossando una veste istituzionale. L’aspetto più preoccupante consiste nel fatto che la pretesa di insegnarci e dettarci come parlare si spinge oltre il limite del rispetto della democrazia e della volontà popolare. Faccio presente a questo proposito che per il mio uso del linguaggio, giudicato a sinistra “indecente”, furono chieste qualche mese addietro le mie dimissioni, pur essendo io stato eletto quale consigliere regionale in Lombardia ottenendo valanghe di preferenze, cosa di cui sono grato ma di cui non mi vanto.

I SOLITI MAESTRINI
Insomma, i progressisti si fanno maestri di eloquenza, di morale, di etica, di eleganza, di rispetto delle istituzioni, ma essi avrebbero bisogno di imparare innanzitutto il basilare concetto di democrazia, principio che seguitano ad oltraggiare. Io trovo che ad essere “poco istituzionale” sia questa generale lacuna. La destra viene tacciata di sessismo ma è la destra ad avere avuto la prima donna premier. Non sarebbe ora di finirla con questa versione falsata della realtà? Ogni occasione è buona per rinvigorire lo stereotipo di una destra maschilista, che odia il genere femminile, bruta, razzista, fascista, volgare, incolta. In questo caso alcune esternazioni di Sgarbi sono risultate essere una opportunità, perla gente che a sinistra si sente usurpata culturalmente, per dimostrare (questo era l’intento) l’inadeguatezza della destra ad occuparsi di cultura in tutte le sue declinazioni.

È un terreno dove i progressisti non accettano di perdere, si rassegnano alla sconfitta elettorale, però non toccategli l’egemonia culturale, coltivando essi il malsano convincimento di essere i migliori, i più giusti, i più civili, i più signori. Noialtri, noi barbari insomma, siamo niente, andremmo civilizzati, rieducati, allontanati da consessi, musei e giornali, televisioni. Perché nulla è più intollerabile alla sinistra di quel pluralismo che pure declama. Tornando a Sgarbi segnalo ai lettori che non si è espresso in modo diverso dalla moltitudine. E chi parla a vanvera dovrebbe sapere che il linguaggio nasce dal popolo. L’italiano infatti è stato definito volgare proprio perché è frutto del popolo. La nostra lingua è una rielaborazione del latino, che era di ben altro livello e che ora non si studia più a fondo, per cui c’è gente convinta che la consecutio temporum sia il bollettino meteorologico, poi critica Sgarbi che dice figa che vuol dire fessura.

Siamo impazziti, l’arte moderna è piena di cose triviali (da trivio) e la gente la tollera per darsi delle arie. Abbiamo visto, e qualcuno ha ammirato, un’opera, Merda d’artista, che se la guardi ti viene da vomitare. Poi ce la prendiamo con Vittorio, uomo raffinato e colto, perché si esprime talvolta in maniera diretta, volgare, in italiano corretto e diretto. Nessuno critica l’arte contemporanea piena di orrori ma tutti lapidano il nostro critico più preparato, già, Sgarbi. Non lo difendo solo perché è come un fratello, ma perché ha ragione da vendere.

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