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Marcello Dell'Utri: "30 milioni dal Cav? Grazie amico mio, sono io a doverti tutto"

di Hoara Borselli venerdì 7 luglio 2023

5' di lettura

Marcello Dell’Utri, 81 anni, palermitano, amico di Berlusconi dalla gioventù. È uno dei soci fondatori di Forza Italia. È stato senatore. Ha scoperto ieri, dopo la lettura del testamento, che il Cavaliere gli ha destinato 30 milioni di euro di eredità.

Dottor Dell’Utri, partiamo dal principio. Ci racconta come ha conosciuto Silvio Berlusconi?
«Era il 1960. Io iniziavo l’università a Milano e un mio amico di Palermo mi disse precisamente così: “Ti lascio il numero di telefono di un mio amico bravissimo che si è laureato con 110 e lode e che ti può dare consigli per i tuoi esami”. Aggiunse anche: “È uno un po’ gasato ma è bravissimo”. Era Silvio Berlusconi».

Lei quindi lo chiamò e cosa accadde?
«Silvio mi ricevette nel suo ufficio. Lui era già costruttore, realizzava condomini all’avanguardia per l’epoca. Una visione avveniristica al punto che ricordo che tutti dicevano che da lì a poco avrebbe fatto fallimento. Troppo verde, troppe piante! Invece ci aveva visto lungo, era un genio (sorride). Tornando però al nostro incontro, mi accolse come si può accogliere un fratello e abbiamo simpatizzato all’istante».

Da quel momento nacque un’amicizia alimentata anche da una passione comune.
«Sì, quella per il calcio. Io ero allenatore patentato dilettante e avevo fatto una squadra importante di giovani a Palermo. Silvio mi disse: “Facciamola anche qui a Milano, insieme a mio fratello Paolo che è bravissimo”».

L’avete fatta questa squadra?
«Certo. La società si chiamava “Edilnord” e giocò nel settore giovanile con grande successo. Del resto cosa non ha avuto successo delle cose che faceva Berlusconi?».

E poi c’è stata la politica.Il 29 giugno del 1993 lei fondò con Silvio Forza Italia. Rimase con lui fino al 2014, data che segnò per sempre una svolta nella sua vita. Venne condannato a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa per poi venire definitivamente assolto dalla Corte di Cassazione nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia. Cinque anni li passò in carcere. Che esperienza è stata per lei?
«Quei 5 anni in carcere, sa da un lato hanno rappresentato un calvario perché era difficile gestire emotivamente il dolore che stavo recando alla mia famiglia, dall’altro sono stati per me una grande occasione di crescita. Ho sfruttato il tanto tempo che avevo a disposizione per studiare. Sì, ho studiato tantissimo. La storia soprattutto. Non nego anche di aver conosciuto persone con cui si è instaurato uno splendido legame basato sul rispetto, supporto e grande solidarietà. Ci siamo aiutati».

E Silvio Berlusconi in quel periodo le è stato vicino?
«Silvio non ha mai negato la sofferenza che provava nel sapermi in carcere. Lui nei miei confronti esagerava sempre con gli elogi e si chiedeva come fosse possibile che la persona che lui conosceva così bene e reputava una gran brava persona, potesse trovarsi rinchiuso in galera. Non mi ha mai fatto mancare la sua presenza. Voleva venire a trovarmi in carcere ma non poteva perché c’erano i processi in cui si trovava coimputato. Però mi mandava sempre messaggi di saluti e vicinanza attraverso il Dott. Confalonieri e il Senatore Messina».

Lei però ha pagato cara l’amicizia con Silvio Berlusconi: la sua condanna per un reato risultato inesistente non ci sarebbe mai stata probabilmente se non fosse stato così vicino al Cavaliere...
«Direi se non ci fosse stata la politica. Hanno inventato il reato di concorso esterno dopo che Forza Italia ha vinto le elezioni. Da quel momento io sono stato buttato dentro quel tritacarne che ha portato alla mia condanna. Io in quel periodo stavo dirigendo la parte dei ricavi di Fininvest, diventata poi Mediaset, e di Pubblitalia che era una grande azienda di concessione pubblicitaria che era già approdata in Europa, in Spagna, in Francia. Era un colosso in espansione».

Arriviamo ad oggi. Il suo grande amico Silvio non c’è più. Come ha vissuto la sua scomparsa?
«Ancora oggi faccio fatica a credere che Silvio ci abbia lasciato. Non riesco a capacitarmene. Pensi che io e Silvio ci siamo visti pochi giorni prima che tornasse al San Raffaele. Abbiamo fatto insieme un pranzo e mi ricordo che mi parlava con entusiasmo del riassetto di Forza Italia. Nonostante fosse molto provato dalla malattia non ha mai smesso di guardare al futuro e alla politica che amava. Non mi aspettavo minimamente che da lì a poco se ne sarebbe andato per sempre».

Tra le volontà che Berlusconi ha sottoscritto nel suo testamento c’è un lascito importantissimo che le ha fatto. Trenta milioni di euro. Veramente lei non se lo aspettava come ha dichiarato?
«Glielo dico con assoluta sincerità. Io non me lo aspettavo. Mi creda, quando ieri mattina sono stato contattato dal notaio che mi ha riferito del lascito nel testamento mi sono commosso. È vero, Silvio mi aiutava economicamente negli ultimi tempi perché sapeva che ne avevo bisogno ma non mi ha mai accennato ad una possibile eredità».

La aiutava economicamente in che modo?
«Inizialmente mi dava un mensile che ha poi sospeso per problemi giudiziari ma non mi ha mai fatto mancare il suo sostegno economico. A me sono improvvisamente venuti meno, e Berlusconi lo ha sempre riconosciuto, tutti i miei emolumenti. Ho dovuto lasciare Publitalia per i miei problemi con la giustizia nel momento di massimo sviluppo dell’azienda. Mediaset era arrivata ad essere quotata in borsa e chi mi ha sostituito ha goduto di introiti straordinari, di step action, di azioni. Io nulla di tutto questo. Mi era rimasto lo stipendio da deputato. Che non è certamente poco ma nulla al confronto di ciò che percepivo prima».

Il Fatto Quotidiano e Repubblica scrivono che Berlusconi le doveva qualcosa. È così?
«Se c’è qualcuno che doveva qualcosa ero io a lui. Silvio non mi doveva niente e io nulla mi aspettavo. Ci sono persone che ripetono “Berlusconi era bravissimo ma senza Dell’Utri e Confalonieri non avrebbe potuto fare ciò che ha fatto”. A queste persone rispondo - anche a nome di Fedele Confalonieri, che sono certo la pensi esattamente come me - che Berlusconi senza di noi sarebbe stato sempre Berlusconi, noi senza Berlusconi non saremmo stati oggi quello che siamo».

Trenta milioni sono veramente tanti. Cosa ci farà di tutti questi soldi?
«Ancora non ci ho pensato. Di sicuro non ho ville da comprare. Quelle che avevo le ho venute. Non intendo comprarne altre».

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