Stavolta non è andata come a Torino. La presentazione del libro da parte di Eugenia Roccella è riuscita bene, lei è riuscita a parlare senza problemi, a contestarla erano in pochi e a fatica si sentivano. Per montare comunque il caso, quindi, la sinistra ha dovuto seguire uno schema diverso. È stata raccontata una mobilitazione che non c’è stata e sono state attribuite al ministro per la Famiglia frasi che non ha detto: un’equiparazione tra il caso di Daniela Santanchè e quello di Enzo Tortora, che la Roccella non si è sognata di fare. Una serie di fake news alla cui diffusione, complice il vuoto di notizie da domenica d’estate, ieri hanno contributo in tanti.
Tutto è iniziato al festival del libro di Polignano a Mare, in provincia di Bari. Lì, venerdì sera, un gruppo di femministe e il Gay Pride locale avevano annunciato lo scimmiottamento della protesta che si era vista nel Salone del libro. Nulla del genere però è accaduto, e i pochi «buu» partiti dalla piazza mentre il ministro parlava della Santanchè e di Ignazio La Russa non hanno disturbato l’evento. La bagarre si è scatenata dopo, quando a Polignano tutto era finito, ed è stata puramente “romana” e virtuale. Il verderosso Angelo Bonelli ha sostenuto che «la contestazione alla ministra è doverosa», il vicecapogruppo dei senatori piddini, Antonio Nicita, ha detto che «la ministra chiama intolleranza delle opposizioni» una normale manifestazione di dissenso, e così via. Pesa ancora, e si sente, la reprimenda inflitta da Sergio Mattarella a coloro che avevano impedito alla Roccella di parlare a Torino e, indirettamente, a chi si era schierato con loro (tipo Elly Schlein).
COME CREARE IL MOSTRO
Il grosso della polemica politica è stato costruito sulle parole dette riguardo ai casi della Santanchè e del figlio di La Russa. Alla domanda su cosa debba fare il ministro del Turismo, indagato dalla procura di Milano, la Roccella ha detto: «Io sono una ex radicale, conservo elementi di continuità e di discontinuità rispetto al mio passato e sicuramente un elemento di continuità è il garantismo. Credo, da garantista, che non ci sia certamente bisogno di dimettersi». Quindi ha ricordato «tutti i politici che si sono dimessi e poi sono risultati assolutamente innocenti. I loro processi sono finiti nel nulla e nessuno ha restituito a queste persone la reputazione». Al contrario, ha proseguito, dei «magistrati che hanno accusato Enzo Tortora», i quali «hanno fatto carriera e nessuno ha chiesto loro di rendere conto degli errori commessi».
Un discorso lineare: le vite degli indagati sono state rovinate anche quando si sono rivelati innocenti, quelle dei magistrati non hanno risentito nemmeno dell’enorme errore giudiziario che travolse il presentatore. Concetto che è stato manipolato per far dire al ministro una cosa del tutto diversa, e cioè che quello della Santanchè è un nuovo caso Tortora. La capogruppo dei Verdi, Luana Zanella, ha contestato infatti «il paragone fuori luogo tra la ministra Santanchè e Tortora, irriverente nei confronti di un uomo che ha pagato con la vita un’ingiustizia», la pd Irene Manzi ha accusato la Roccella di non avere «senso delle istituzioni» e su questa stessa linea si sono espressi in tanti. Per alzare il livello dello scontro, la sinistra ha bollato come scandalose anche le parole pronunciate dal ministro sul presidente del Senato, il quale si era dichiarato convinto dell’innocenza del figlio. «La Russa è un padre», ha detto la Roccella a Polignano. Ricordando che «è stato colui che ha proposto una manifestazione di soli uomini contro la violenza sulle donne».
Intervento inammissibile, per le femministe del Pd. Secondo Marta Bonafoni, coordinatrice della segreteria e fidatissima della Schlein, in questo modo «viene messa a repentaglio la denuncia per stupro di una ragazza. È questa la famiglia naturale che dite di voler preservare?». Sfugge il nesso logico, ma è evidente la voglia di “mostrificare” la Roccella, dipingendola come reazionaria e nemica delle donne. Non solo delle donne, peraltro. Alessandro Zan, responsabile del Pd per i Diritti, dice che il ministro dovrebbe difendere tutte le famiglie di questo Paese, non solo quelle dei colleghi di partito». Il riferimento è alle famiglie omogenitoriali, che dell’agenda Schlein sono sempre il primo punto, e finché al Nazareno non parleranno anche di altre cose resterà l’unico.