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Francia, Alexandre Del Valle: "Le rivolte? Colpa di Islam e sinistra"

di Andrea Morigi lunedì 10 luglio 2023

4' di lettura

Docente di Geopolitica e relazioni internazionali all’Ipag Business School, ricercatore al think tank Center of Political and Foreign Affairs, autore di numerosi saggi e volumi sull’assalto islamico all’Occidente, Alexandre Del Valle ha in uscita in traduzione italiana il suo saggio La globalizzazione pericolosa. Per Libero analizza il caos che ha sconvolto Parigi e molte altre città d’Oltralpe dopo la morte del diciassettenne algerino Nahel durante un controllo stradale a Nanterre il 27 giugno scorso.

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Si aspettava l’inizio della guerra civile in Francia?
«Sono 30 anni che lo dico. L’ho definito lo scenario “Mad Max”».

È il titolo di un film post-apocalittico. Ma in questo momento storico cosa significa?
«L’espressione indica che non si tratta solo di un fenomeno dovuto all’islamismo radicale, ma che attraversiamo una fase di decivilizzazione. Tutto avviene all’interno di un processo generale di neo imbarbarimento nel quale in pratica non ci sono le scuole, in quanto i giovani impediscono ai professori di insegnare e chi interrompe le lezioni, sfidando l’autorità del professore, ottiene la stima degli altri. Perciò gli insegnanti sono terrorizzati. Quindi non vi è nessuna educazione scolastica».

Ma all’interno delle famiglie non c’è controllo?
«Al contrario. L’abitudine culturale, nelle comunità di immigrati dal Maghreb e dall’Africa musulmana dell’Ovest, il Sahel, è di vietare tutto alla donna per consentire tutto all’uomo. Sono solo le femmine a dover controllare i propri istinti mentre gli uomini godono del diritto di rimanere sempre fuori casa. Così, mentre le ragazze studiano e lavorano, i loro fratelli vanno a rubare, a spacciare, a drogarsi, e così si formano le bande criminali. E perfino i pochi francesi rimasti nelle banlieue li seguono per non essere emarginati e presi di mira».

Che cosa non ha funzionato nel modello di convivenza?
«Siamo stati superati nei numeri. Lo posso dire avendo vissuto personalmente la sostituzione della popolazione nei quartieri popolari di Marsiglia dove sono cresciuto. Per la maggior parte eravamo figli di immigrati siciliani e pied-noirs, provenienti dalla Tunisia. Noi vivevamo negli stessi condomini di dieci piani dove ora abitano gli immigrati che ora ci sparano. Ma è inconsistente l’accusa di averli relegati nella povertà: non pagano l’affitto e hanno un sussidio pubblico».

È una rivolta islamica?
«L’islam è uno dei fattori decisivi. Fratelli Musulmani e salafiti insegnano ai giovani che gli infedeli sono tutti impuri e perversi e questo rende lecito il furto e la violenza anche carnale nei loro confronti. È in atto una demonizzazione dei miscredenti, come accadeva un tempo a danno degli ebrei. E, quando continui a indicare un capro espiatorio, prima o poi andrai ad aggredirlo».

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Di cosa sono accusati i francesi?
«Di odiare i musulmani, di essere islamofobi, di gestire tutte le aziende nazionali e di avere in mano tutte le leve del potere, dal quale gli altri si trovano esclusi. Si è diffusa così una teoria del complotto che funziona come giustificazione religiosa alla violenza e allo stesso tempo autoassolve chi la condivide. Tutto quello che ti capita, anche le cose più orribili, sono considerati una conseguenza delle colpe dell’uomo bianco francese, contro il quale è permesso fare di tutto».

Un nemico interno?
«Al quale si aggiungono l’eversione comunista, trotzkista e black bloc: non hanno molti militanti ma hanno trovato fra i giovani delle banlieue e il loro malessere strulentalizzato truppe di riserva e una classe operaia di sostituzione ma senza dignità. La loro priorità è destabilizzare lo Stato borghese, anche se le circostanze impongono di utilizzare temporaneamente come manovalanza elementi oscurantisti e tradizionalisti».

Di fronte a tutto questo, la reazione dei francesi le sembra incoraggiante? È stata organizzata una sottoscrizione per la difesa legale dell’agente che ha sparato a Nahel, per esempio...
«Il promotore dell’iniziativa è stato Jean Messiha, un ex deputato del Rassemblement National egiziano di nascita, che ora è schierato con Eric Zemmour. A lui è consentita la crociata perché non è europeo. E coloro che hanno contribuito finanziariamente sono persone già convinte. Attualmente, in Francia ci sono ben quattro destre sovraniste e dure. Ma i francesi sono demoralizzati. Ormai sono diventati tutti di sinistra, anche gli intellettuali di destra sono stati lobotomizzati. Hanno interiorizzato l’idea che se si reagisce tornerà l’ombra nera del razzismo. Il popolo normale non reagisce, si sta sottomettendo. Alcuni si convertono al’islam, mentre le donne sposano maghrebini».

Si è avverata la profezia di Michel Houellebecq?
«Certo, siamo ormai alla sottomissione. La formula più appropriata per definirla mi pare “una sindrome di Stoccolma anticipata”, come una paralisi che ti fa arrendere pensando che sarai risparmiato».

Toccherà anche all’Italia, o ad altri Paesi europei, prima o poi?
«Se farete come noi, finirete come noi. Da 30 anni dico ai corsi così come agli italiani o agli spagnoli: se continuerete con i ricongiungimenti familiari, il nostro presente sarà il vostro futuro. Se non farete come in Ungheria dove c’è tolleranza zero sui migranti. Soprattutto riguardo a quelli la cui mentalità riflette una tradizione tribale, come nell’immigrazione maghrebina e africana musulmana. Non accade con altre etnie, come i filippini o gli asiatici in genere. Non è razzista affermarlo. Lo sostengono anche personalità come il sociologo Tarik Yldiz, che ha scritto saggi coraggiosissimi sul “razzismo anti bianco” o Malika Sorel, dell’Alto Consiglio dell’Integrazione, anche lei algerina e antirazzista, la quale riconosce che quando troppe persone arrivano da contesti di ignoranza e degrado sociale, non è possibile governarne le dinamiche. Lo assicurava anche l’ex re del Marocco, Hassan II, che i suoi connazionali “non saranno mai al 100% francesi, saranno dei cattivi francesi”». 

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