"Giorgia Meloni un pericolo per la democrazia", gridava Enrico Letta quando ormai era palese che la sinistra alle elezioni sarebbe tornata a casa a mani vuote. E come lui la stampa progressista. Basti pensare a chi - da Repubblica al Manifesto passando per la Stampa -, di fronte alle parole di Giorgia Meloni su Vicktor Orban, scatenava la solita macchina del fango. "Orban è un signore ha vinto le elezioni più volte, secondo le regole della sua costituzione, con tutto il resto dell’arco costituzionale schierato contro di lui. Quindi è comunque un sistema democratico", diceva il premier di fronte alla risoluzione anti-Ungheria approvata dal parlamento europeo. Apriti cielo. Il quotidiano comunista in particolare ha subito parlato di "amicizie internazionali" che preoccupano un po' tutti. Forza Italia compresa. Ma il ritratto della Meloni offerto dai compagni non sembra combaciare con i fatti.
È di qualche giorno fa il faccia a faccia con Joe Biden, presidente degli Stati Uniti, tutto tranne che un "sovranista". Un incontro che ha riscosso un innegabile successo, con Biden che ha detto chiaro e tondo: "Non vedo l’ora di costruire una relazione stretta tra Stati Uniti e Italia". Così dopo aver abbracciato Meloni "come un’amica" perché "mi sembra di conoscerti da molto tempo". E per concludere in bellezza il numero uno della Casa Bianca ha omaggiato Meloni con un video-ricordo della loro prima visita.
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Basta tutto questo a far cambiare idea ai compagni? Macché. Dopo essere stata un "pericolo per la democrazia", ora il presidente del Consiglio è... troppo atlantista. Paradossale, ma tutto vero. E il rischio - secondo loro - è che possa mettere l’Europa fuori dai radar. Che gli Usa abbiano guardato con sospetto alla Ue sin dalla fondazione è cosa nota, ma la tesi - nella fattispecie sostenuta da Repubblica - non sta in piedi. A sostenere questa peculiare tesi, in primis il commento di Ezio Mauro dal titolo: "La destra e la terra di nessuno". Già da qui qualcosa non torna. Come può essere terra di nessuno se Meloni in pochi mesi al governo ha collezionato una lunga serie di plausi per la sua politica internazionale?
Andando avanti nella lettura è anche peggio. "La visita di Giorgia Meloni alla Casa Bianca non è stata una foto-opportunity diplomatica ma un’occasione politica per definire la posizione internazionale dell’Italia, il suo ruolo nel campo occidentale, il suo tradizionale rapporto con gli Stati Uniti alla prova degli eventi che hanno inaugurato il nuovo secolo e le sue incognite". Fin qui nulla da eccepire se non fosse che Mauro tira in ballo quella che a suo dire sarebbe "una scelta atlantica" che però "non è la nostra adesione". Di più, a suo dire "questa interpretazione di destra conduce inevitabilmente a una politica a-occidentale: una volta soddisfatti i suoi obblighi di schieramento con la Nato, l’ingaggio dell’Italia è finito, il campo è libero per una moderna politique d’abord. Non si fa mai riferimento a una cornice europea che sostenga e indirizzi le scelte e le radichi nella vicenda comune del nostro continente". Ecco allora il punto: "Per giungere a questa scelta occidentale ristretta, di pura natura militare, Meloni si è svincolata nel rapporto con gli Usa da ogni concerto europeo, muovendosi da sola". In sintesi: Meloni guerrafondaia e opportunista, vicina a Biden per allontanare l'Europa. Francamente lunare.
Una tesi rilanciata sempre sulle colonne di Repubblica il giorno successivo, quando vanno in stampa le considerazioni di Piero Fassino. Lo stesso che nel 2010 ha ricevuto il Premio America. A consegnarglielo niente meno che la Fondazione Italia USA. Eppure l’ex deputato del Pd - considerato da sempre uno dei leader più filo-atlantisti della sinistra italiana - ora attacca il centrodestra per l'eccessiva vicinanza a Washington, cancellando con un tratto di penna la sua storia politica. Per Fassino dunque "Meloni ha sottoscritto una dichiarazione che conferma la scelta di schierarsi anima e corpo con Washington per ottenere quella legittimazione internazionale che compensi le diffidenze che suscitano in Europa le posizioni sovraniste del governo italiano e i suoi rapporti privilegiati con i governi euroscettici di Budapest e Varsavia". E francamente, di fronte a una teoria così scricchiolante, l'ipotesi che "l'amerikano" Fassino rosichi per i rapporti di buon vicinato della Meloni con gli Usa risulta tutt'altro che peregrina.
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A tutti, o quasi, il saldo pare positivo. Ma Fassino ha da eccepire. Perché “per Meloni le cose sono più complesse. Intanto proprio il caratterizzarsi come ‘quinta colonna’ degli Stati Uniti in Europa rischia di accentuare le diffidenze di molte capitali europee e di rendere più difficili i rapporti con Francia e Germania". Insomma come fa Meloni, sbaglia. O meglio: la sinistra sembra davvero non saper più cosa inventarsi per darle contro...