Mentre l’Enac - autorità di vigilanza sull’aviazione civile chiarisce che l’algoritmo che ha gonfiato le tariffe aeree fino al 200% sul prezzo medio esiste, non si spegne la polemica innescata dalle dichiarazioni del ceo di Ryanair sul provvedimento del governo volto a limitare il rincaro dei biglietti. Alle accuse dell’amministratore delegato della ex low cost, Eddie Wilson, che ha preannunciato un ricorso alla Commissione Ue, replica direttamente il ministro Urso: «Il mercato non è il far west». E sempre l’Enac, ricorda che quello italiano è un mercato che fa gola e qualora il vettore irlandese dovesse decidere di lasciarlo, ci saranno altri operatori pronti a prendere il suo posto.
L’altroieri l’ad di Ryanair aveva rilasciato dichiarazioni durissime contro le misure varate dall’esecutivo nel Decreto asset, che è stato firmato ed emanato da Mattarella. Wilson aveva bollato le norme come «illegali e ridicole», affermando che se non saranno stracciate la compagnia non avrà altra scelta che tagliare le rotte verso Sicilia e Sardegna. Se mercoledì l’atteggiamento di Urso era stato dialogante, arriva una risposta piccata. «Ryanair negli anni ha mostrato insofferenza alle regole del mercato, è stata sanzionata 11 volte dall’Autorità della concorrenza e del mercato», sottolinea il titolare del Made in Italy, che suggerisce ironicamente a Wilson di utilizzare «consiglieri di diritto commerciale che capiscano di concorrenza e dei diritti di cittadini e utenti. Suggerisco», aggiunge Urso, «di cercarli nelle università italiane, sono i migliori». Gli interventi previsti dal decreto, ribadisce poi, tutelano i consumatori e lo stesso mercato che non può essere «un far west dove gli speculatori approfittano ma è regolato dallo Stato, dalle leggi, dalle autorità e dalla Ue.
Noi siamo intervenuti secondo le regole europee e siamo disponibili a fornire tutti i chiarimenti», conferma il ministro, riferendosi alla richiesta di informazioni più dettagliate avanzata da Bruxelles. A stretto giro arriva pure la reazione dell’Enac. «I manager delle compagnie, piuttosto che avere confronti duri con il governo, dovrebbero aggiustare l’algoritmo che determina la scalata dei prezzi», ammonisce il presidente Pierluigi De Palma, aggiungendo che le norme europee garantiscono certamente ai vettori la libera fissazione dei prezzi ma «non dicono quali devono essere le modalità attraverso cui possono essere definite». Wilson a parere di De Palma «fa un discorso pro domo sua», ma «il mercato italiano è un mercato appetibile. Ryanair non lo lascerà e se lo lascerà - chiosa il numero uno dell’Enac - ci saranno altri operatori che entreranno».
E comunque, a scorrere l’elenco delle sanzioni comminate dall’Antitrust al vettore irlandese che abbiamo messo assieme spulciando i provvedimenti del Garante, non si può che dar ragione a Urso quando parla di una compagnia «insofferente alle regole del mercato». Sulle tariffe i provvedimenti assunti dall’Authority sono più d’uno. Il primo risale al 2008 e portò a una multa di 54.100 euro, poi ridotta dal Tar a 35mila. L’indagine era scattata per pubblicità ingannevole nel messaggio pubblicato sul proprio sito con cui Ryanair prospettava una promozione senza fornire adeguata informazioni su condizioni e costi dell’offerta.
Nel 2019, invece arriva una sanzione da 3 milioni di euro perché la compagnia aveva modificato le regole d’imbarco dei bagagli, tagliando del 65% lo spazio per il bagaglio a mano compreso nella tariffa standard. C’è poi la sanzione del 2014 da 550mila euro perché il vettore irlandese aveva introdotto un servizio di assistenza dopo l’acquisto dei biglietti che risultava a pagamento, su una numerazione a sovraprezzo. Per avere informazioni dovevi sborsare dei soldi. Nel 2012 le multe relative al prezzo dei biglietti sono state ben due, una da 37.500 euro e l’altra da 15.000: i prezzi dei tagliandi offerti in promozione non includevano le commissioni applicate. L’anno prima con cinque diversi provvedimenti il Garante aveva comminato oltre mezzo milione di sanzioni per tariffe «asseritamente convenienti» cui si aggiungevano ulteriori costi classificati come «oneri facoltativi». Altri 400mila euro di multa sono scattati nel 2013 per una «tassa carta di credito», pari al 2% dell’importo totale, richiesta alla prenotazione online di un volo, qualora il pagamento per più posti fosse effettuato con diverse carte di credito.